La chef Cristina Bowerman, dopo aver più volte espresso i suoi dubbi in merito alle aperture in zona gialla, adesso ha espresso un nuovo quesito. Come saprete, adesso in zona gialla i ristoranti possono servire ai tavoli solo all’esterno. Ma se diluvia e il cliente va via a metà pranzo, deve pagare lo stesso il conto?
Cristina Bowerman ha fatto sapere che preferisce aprire direttamente il 30 aprile, per avere più tempo per prepararsi. Anche perché la riapertura del suo ristorante romano solamente all’esterno dipende sia dal tempo materiale (bisogna prendere accordi con i fornitori), sia da quello ambientale.
Ed è proprio sul clima che la chef si concentra: al di là di come organizzare l’esterno per evitare alluvioni dei piatti serviti in caso di rovesci improvvisi (e non sempre le previsioni meteo ci azzeccano), se il cliente è costretto a interrompere il pasto e ad andarsene perché piove troppo, il conto bisogna farglielo pagare o no?
Purtroppo il Governo non ha fornito indicazioni in merito. La Bowerman ha spiegato che non si tratta di una questione di chiarezza delle regole: almeno questa volta sempre esserci una progettazione dietro alle riaperture. L’assurdità vera e propria è che venga data la possibilità di riaprire solamente a chi ha uno spazio esterno.
In questo modo, infatti, si genera una competizione sleale all’interno della medesima categoria (cosa fra l’altro già sottolineata in un apposito comunicato stampa degli Ambasciatori del Gusto rilasciato qualche giorno fa). Bisognerebbe anche pensare a chi non ha un dehors o a chi non può permetterselo in quanto sono in molti oggi ad avere problemi finanziari.
Ma la Bowerman non finisce qui. Per lei anche il coprifuoco alle 22 è “sbagliatissimo”. Non ha senso, cosa cambia dal spostarlo alle 23?
Il vero problema è che devono essere fatti i controlli per strada in modo da evitare gli assembramenti come quelli che lei stessa ha visto il 25 aprile a Trastevere: la chef parla di minimo 500 ragazzi intenti a bere davanti a un bar senza mascherina, tutti a cantare per la loro libertà, ma non quella celebrata nel giorno della Liberazione. Questa è cultura del libertinaggio, non della libertà.
E sottolinea come, davanti a quella folla in aperta trasgressione delle norme anti Coronavirus, ci fossero solamente due poliziotti i quali sono dovuti andare via senza poter fare niente.