Praticamente siamo diventati una sorta di santuario per il granchio blu se diamo retta a queste voci. Svariati rumors, da diverse parti, sostengono che importiamo il granchio blu sia dalla Tunisia che dalla Grecia. Ma come, non ne avevamo così tanto che non sapevamo come fare per sbarazzarcene? E adesso lo importiamo pure?
L’Italia, santuario per il granchio blu
In attesa di scoprire se fra qualche anno anche il granchio crocifisso scoperto al largo di Senigallia, nelle Marche, diventerà il nuovo erede del granchio blu, ecco che in Italia si sta affrontando l’invasione di questa specie aliena proveniente dalle acque della Florida in maniera peculiare.
Abbiamo troppi granchi blu che danneggiano e divorano vongole, cozze e pesce? E noi risolviamo la situazione importandone altro. Eh? Are you sure?
Ci sono diverse fonti che sostengono che stiamo importando il granchio blu da diversi paesi. Il che suona un po’ strano in effetti: costruiamo barriere, cerchiamo di pescarne il più possibile, lo usiamo come ingrediente ovunque, pure nel tiramisù e sulla pizza pur di sdoganarlo (fra un po’ mi aspetto che qualcuno lo elevi al rango di Superfood del momento, magari lanciando anche gli integratori omonimi) e qualcuno pensa bene di importarne ancora?
Nulla di confermato, si badi bene. Qualche giorno fa era stata Coldiretti a sostenere che in alcuni supermercati del Veneto si trova il granchio blu proveniente dalla Grecia, mentre durante un’intervista rilasciata a Porta a Porta ecco che Gian Marco Centinaio, vicepresidente del Senato ed ex ministro dell’Agricoltura, aveva parlato di un canale di importazione del granchio blu dalla Tunisia.
Se fosse vero, probabilmente si tratta di una strategia di riduzione del crostaceo in questione in Italia di altissimo profilo, difficile da comprendere per noi poveri, comuni mortali. Mentre cerchiamo di capire come si faccia a ridurre un surplus di qualcosa introducendo ancora più esemplari di questo qualcosa (è come se per sbarazzarsi delle cimici o delle zanzare in casa faceste entrare ancora più cimici e zanzare, per intenderci), ecco che c’è chi non crede a queste voci.
Vadis Paesanti, vice presidente di FedagriPesca Confcooperative Emilia Romagna, responsabile del settore Pesca e acquacoltura, ha dichiarato che stenta a crederci e che lui, personalmente, non ha visto sui banchi della Gdo o dei supermercati granchi blu di provenienza estera. E ribadisce che non hanno bisogno di concorrenza, visto che da noi il granchio blu ai pescatori non viene pagato 10 euro contro magari i 2 euro di quello greco. Qui il granchio blu viene pagato da 0.30 centesimi a 1,7 euro, difficile scendere più in basso.
Dello stesso avviso anche Luca Ferroni, proprietario di una storica pescheria di Ferrara insieme al fratello davide e alla sorella Giuseppina: anche a loro non risultano fenomeni di importazione, anche perché a Porto Garibaldi ce ne sono a quintali e letteralmente te li tirano dietro. Inoltre i pescatori ottengono 0.30 centestimi di euro, mentre le pescherie li rivendono a 4,5 euro, difficile avere prezzi più bassi con fatturazione e scontrino.
Inoltre secondo Ferroni non c’è tutto questo commercio: si fa tanta pubblicità, ma non c’è un vero e proprio mercato ittico. Questo perché sono alquanto aggressivi, quindi non è molto sicuro lo smercio diretto al mercato di Porto Garibaldi. E poi c’è la questione gusto: per renderli saporiti bisogna usare molto condimento.