Quando al ristorante capita di ordinare una fetta di qualcosa, di solito si tratta di cibo: pizza, pane, torta. Al tavolo di “Da Vittorio” invece si parla di qualcosa di altrettanto, se non più sostanzioso: il capitale. Da questa settimana i ristoranti della famiglia Cerea con sede a Brusaporto, Bergamo esordiscono in borsa con una partecipazione di minoranza, e pare sia un successo. I fondi interessati difatti sono subito fioccati, un po’ come le forchette sui famosissimi Paccheri completati al tavolo – da gustare con bavaglio di ordinanza.
L’operazione
“Da Vittorio” non è più solo un ristorante. Intanto bisogna metterci il plurale, visto che nel frattempo i fratelli Cerea da Brusaporto sono sbarcati a Milano, St Moritz, Shanghai. Poi c’è da mettere in conto il brand, un concept signature che si ramifica in hotel e bistrot. Infine, la non meno importante questione delle tre stelle Michelin, garanzia, consacrazione, punto di arrivo (e forse di inizio) per qualsiasi chef.
Tutto questo fa del marchio “Da Vittorio” un asset su cui puntare. E infatti: nel giro di pochissimo, la quotazione di una partecipazione di minoranza ha già attirato l’interesse di fondi esteri e family office interessati al settore. L’operazione è stata seguita dagli advisor finanziari incaricati, ovvero Banca Imi ed Emintad. Con l’ingresso di un nuovo partner in azienda, Da Vittorio punta a raccogliere capitali per uno sviluppo a livello internazionale.
Ne sapremo di più a inizio 2025, prima data prevista per le offerte. Nel complesso, il gruppo Da Vittorio dovrebbe valere intorno ai 300 milioni di euro. Un successo nato sessant’anni fa dall’omonimo capostipite Cerea e portato alla consacrazione dai figli Enrico, Roberto, Francesco, Barbara, Rossella. Da ristorante ad azienda è un attimo, e lo dimostrano analoghe transizioni (Langosteria, Caffè Cova) avvenute negli ultimi vent’anni. Nel frattempo i posti a tavola per aggiudicarsi Paccheri e molto altro sono ancora disponibili: staremo a vedere chi si aggiudica l’ultimo boccone.