Il caso del bracciante trentenne di origini indiane, Satnam Singh, morto dopo aver subito un’amputazione sul posto di lavoro ed essere stato abbandonato in fin di vita sul ciglio della strada, continua a sconvolgere l’Italia dal 17 giugno. Oggi, il titolare dell’azienda agricola che lo ha lasciato morire dissanguato e senza cellulare così da impedirgli di chiamare i soccorsi, è stato arrestato per omicidio doloso.
Doloso, perché Antonello Lovato avrebbe potuto salvare la vita di Satnam Singh ma ha scelto di non dargli opportunità. La decisione per una custodia cautelare in carcere serve soprattutto a isolare l’uomo, per impedirgli di minacciare o interferire con le indagini in corso (con le accuse che sono passate appunto da omicidio colposo a doloso con dolo eventuale).
Avrebbe potuto salvarsi
La vicenda in sé è già davvero inenarrabile, ma gli ultimi dettagli fanno gelare il sangue nelle vene ancora di più. Satnam Singh, con un braccio mozzato e copiose perdite di sangue, era stato abbandonato da Lovato sul ciglio della strada a poca distanza dalla dimora della vittima. Senza cellulari, senza avvertire nessuno: sbattuto giù dalla macchina e schizzato via nonostante si fosse accorto della presenza di alcune persone, ora testimoni diretti dell’abbandono. Dopo due giorni, Satnam Singh è morto.
Basterebbe questo, eppure c’è di peggio. Il medico legale ha infatti testimoniato alla Procura che “ove l’indiano, deceduto per la copiosa perdita di sangue, fosse stato tempestivamente soccorso, si sarebbe con ogni probabilità salvato. Le condizioni del lavoratore dopo l’infortunio sono risultate talmente gravi da rendere evidente la necessità di un tempestivo soccorso“. Il gip continua: “è apparso lucido e finalisticamente teso a dissimulare quanto accaduto, a tutti i costi. D’altra parte, è logico ritenere che qualunque persona, in assenza di condizionamenti o diverse finalità perseguite, dinanzi ad un infortunio dalle conseguenze visibili ed estremamente gravi, anche e soprattutto a fronte delle insistenti richieste in tal senso della coniuge della vittima, chiami i soccorsi“.
Lovato in carcere per impedirgli di condizionare i testimoni
Ormai sappiamo tutti molto bene come funzionasse il lavoro dei Lovato, Società Agricola indagata già da cinque anni. Sfruttamento, caporalato, braccianti tenuto in condizioni inumane. E proprio questi ultimi, ora, saranno sottoposti ad interrogatorio per ulteriori accertamenti.
Proprio il gip sottolinea la “condotta disumana e lesiva dei più basilari valori di solidarietà” dell’indagato, arrestato con lo scopo di “recidere i contatti con l’esterno”. Questo, per come trattava i propri braccianti e per “il clima di soggezione nel quale versano gli altri lavoratori stranieri e le possibili intimidazioni o i condizionamenti esterni che andrebbero certamente a minare la genuinità delle loro affermazioni”.
Le parole della comunità indiana in Italia
Il gip di Latina riporta: “non può sottacerti che l’indagato si è intenzionalmente e volontariamente disinteressato delle probabili conseguenze del suo agire”. Fa molto male leggere tali descrizioni, soprattutto alla moglie della vittima e alla comunità tutta. A parlare è Gurmukh Singh, presidente della comunità indiana del Lazio: “stavamo aspettando questa notizia, eravamo arrabbiati. La cosa più brutta che ha fatto è stata quella di lasciarlo davanti alla sua abitazione invece di portarlo all’ospedale. Un incidente può capitare, ma non chiamare i soccorsi è inammissibile“.