Il prezzo medio della tazzina al bar negli ultimi anni è in continuo aumento, e la situazione non sembra promettere miglioramenti, con i rialzi delle quotazioni del caffè sul mercato internazionale. Uno studio dell’associazione consumatori no profit Assoutenti scatta una fotografia impietosa del caro-caffè da Bolzano a Catanzaro, evidenziando gli aumenti dal 2021 al 2024.
I prezzi
Nei dati presentati da Assoutenti, i continui aumenti dei listini del caffè hanno portato a un prezzo medio per la tazzina consumata al bar di 1,18 euro nelle principali città italiane, che si traduce in un aumento del 14,9% rispetto al costo medio dell’espresso nel 2021 di 1,03 euro. A detenere il poco invidiabile record del caffè più caro è il capoluogo altoatesino, con un prezzo medio di 1,38 euro a tazzina, seguita da Trento (1,31 euro) mentre Catanzaro, con una media di 0,99 euro, risulta la città più economica, superando così anche Napoli (1,05 euro). Confrontando poi i listini odierni con quelli di tre anni fa, si scopre che la provincia che ha subito i rincari maggiori è Pescara, con il prezzo medio che sale da 1 euro a 1,28 euro e un aumento del +28%, seguita da Bari col +24,4%.
Aumenti che, visti i numeri, potranno incidere sensibilmente sulle tasche degli italiani, come spiega il presidente dell’associazione Gabriele Melluso: “Temiamo che i rialzi delle quotazioni del caffè possano portare nelle prossime settimane a incrementi dei prezzi sia per le consumazioni al bar (caffè, cappuccino, ecc.) sia per il caffè in polvere venduto nei supermercati. Anche pochi centesimi di aumento determinerebbero una stangata sulle tasche dei consumatori, considerato che in Italia vengono serviti nei locali pubblici circa 6 miliardi di caffè all’anno per un giro d’affari dell’espresso pari a circa 7 miliardi di euro annui”
Il mercato
Siamo ormai abituati, quando si cerca di spiegare i motivi degli aumenti dei prezzi dei beni di largo consumo, ad usare il termine di “tempesta perfetta”, un insieme di congiunture internazionali, contrasti e crisi che portano tensioni sui mercati, e per il caffè questa definizione appare calzante. C’è prima di tutto un problema climatico, con l’aumento di frequenza di fenomeni meteorologici estremi che influiscono negativamente su una coltura sensibile come quella del caffè. È il caso del Vietnam, principale produttore mondiale della varietà Robusta, dove una stagione particolarmente arida sta provocando aumenti che l’hanno già portata ai massimi storici, insieme all’Arabica che, con i suoi 2,39 dollari alla libbra è al suo prezzo record dal 2021. Il tutto è esacerbato dalla crisi dei trasporti, con le difficoltà nel canale di Suez dovute agli attacchi degli Houthi (ed è solo un esempio), che rende sempre più difficile la vita dei torrefattori.
Prezzo giusto, ragioni sbagliate
Chiunque cerchi di fare un minimo di comunicazione sul caffè non ha mai ritenuto il prezzo della tazzina a 1,20 come uno scandalo. Senza entrare in polemica con chi vede nella tazzina buttata giù senza troppe cerimonie un rito personale e poco più che un amaro (e astringente) shot di caffeina, un’analisi come quella che avevamo fatto all’epoca degli aumenti causa Covid dimostrava il realismo e le virtù del poter superare finalmente la barriera psicologica dell’euro, concludendo che al di sotto di quella cifra si potevano nutrire dubbi legittimi su cosa si stia effettivamente bevendo. Passano gli anni e cambiano le crisi e, a portare a un prodotto fondamentale per la tradizione italiana il prezzo degno che meriterebbe, sono sempre gli eventi catastrofici e mai un lavoro meritorio su qualità e sostenibilità economica.