Su queste pagine abbiamo parlato a lungo degli effetti e delle conseguenze di quel vortice di violenza contro il portafoglio che è il caro bollette sulla filiera agroalimentare: le associazioni di settore hanno rivolto appelli al Governo e i perfino i singoli attori del settore primario sono scesi in piazza per dare voce al proprio timore. Timore, sì: timore che i bilanci aziendali, già ballerini, finiscano per essere irrimediabilmente travolti dagli aumenti dei costi di produzione e dall’inflazione. È stato piuttosto difficile, tuttavia, tradurre il timore e gli appelli in freddi numeri – almeno fino ad adesso: secondo una recente stima redatta dalla Coldiretti, infatti, l’inflazione e il caro bollette si stanno abbattendo sulla filiera con una valanga dal valore di 575 miliardi di euro.
A oggi – di nuovo, facendo riferimento ai datti raccolti da Coldiretti – un terzo delle aziende agricole italiane sta operando in condizioni di perdita; con un aggravio medio di oltre 17mila euro per azienda e il valore aggiunto inabissato sul -42%. Il tutto, naturalmente, si abbatte poi sulle stesse famiglie, che si trovano costrette a stringere la proverbiale cinghia e a ricorrere alle più disparate strategie di risparmio: secondo un’indagine condotta da Coldireti il 18% dei consumatori ha dichiarato di aver ridotto le qualità degli acquisti, preferendo prodotti low cost, mentre appena un terzo (o poco meno – il 31%) non ha modificato le proprie abitudini di spesa.
“L’Italia deve recuperare il tempo perduto e lavorare per ridurre la dipendenza dall’estero intervenendo nell’immediato sui costi energetici” ha commentato a tal proposito Ettore Prandini, presidente Coldiretti, sottolineando come la Penisola si trovi costretta a importare materie prime agricole anche a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori. “Occorre lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione” ha concluso Prandini.