La spietata dittatura del numero: quello che viene riportato sul fondo della fattura va pagato, c’è poco da fare. Pochi i modi (legali) per sottrarsi a questo dovere – meglio ingegnarsi, far lavorare le meningi, lavorare in anticipo, prevenire anziché curare. In altre parole, meglio risparmiare anziché spendere. Ecco, così potremmo definire la linea strategica adottata da un numero sempre più crescente di pub, ristoranti e altri locali nel Regno Unito, che alle prese con le difficoltà determinate dal caro bollette (e consumatori con un potere d’acquisto sempre più ridotto a causa dell’inflazione) hanno deciso di ridurre sensibilmente il proprio orario di lavoro in modo da ridurre quanto possibile i costi dell’energia.
Prevenire anziché curare, o “se non accendo non pago”
Stando a quanto emerso da una indagine redatta dall’Office for National Statistics poco più di un quinto (il 21%, a essere del tutto precisi) delle aziende della ristorazione in quel d’oltremanica ha deciso di ridurre l’orario di apertura negli ultimi tre mesi nel tentativo, come abbiamo appena accennato, di rendere un poco più mansuete le bollette.
È importante notare, rimanendo in questo contesto, che di fatto pub, bar e ristoranti si trovano per di più ad avere a che fare con clienti sempre più squattrinati, che a loro volta si trovano costretti a rivedere i propri consumi adottando le migliori (e le più tradizionali) strategie di risparmio per cercare di restare al passo con quel coacervo di rincari che abbiamo imparato a conoscere con la comoda espressione di “caro vita”.
In altre parole abbiamo delle bollette salite alle stelle e dei clienti meno propensi a spendere: la decisione di chiudere un’oretta prima pare giustificata e francamente lecita. Facendo riferimento alla sopracitata analisi dell’ONS, pare addirittura che il 6% dei locali presi in esame abbia per di più dichiarato di avere ridotto il numero di ore di lavoro due o più giorni alla settimana; mentre il 22% ha indicato i prezzi dell’energia come la principale fonte di preoccupazione per il mese in corso.
Insomma, per il settore della ristorazione e dell’ospitalità del Regno Unito sono tempi decisamente duri: la speranza di molti titolari e imprenditori è che i Mondiali di calcio in Qatar portino a un’impennata dei consumi, ma le previsioni per il futuro continuano a essere nettamente negative. Pensiamo, ad esempio, che secondo un sondaggio commissionato da UK Hospitality il 35% delle imprese in questi settori teme di non riuscire a sopravvivere fino alla fine dell’anno.