Stabilire una differenziazione di nomenclatura tra la carne “vera” e le alternative a base vegetale: questo, in poche parole, l’obiettivo della proposta di legge di recente presentata dall’onorevole Mirco Carloni, deputato per la Lega. La bozza, che naturalmente verrà discussa nel corso delle prossime settimane nell’ambito della Commissione agricoltura della Camera, si pone come obiettivo il “ripristinare le corrette condizioni di mercato tra tutti gli operatori del settore alimentare: prodotti completamente diversi dovrebbero essere indicati con nomi del tutto differenti”.
Un criterio per fare ordine, come abbiamo accennato in apertura; presentato dallo stesso Carloni come necessario a fare chiarezza tra due prodotti essenzialmente differenti e combattere il cosiddetto (e neonato) “meat sounding”.
Contro il “meat sounding” per la tutela dei consumatori
Diamo dunque una rapida occhiata al disegno di legge in questione: il nodo della questione viene di fatto affrontato fin dalla sua introduzione, che spiega come i consumatori potrebbero essere “indotti a credere che il prodotto a base vegetale abbia un esatto equivalente nutrizionale (e magari che lo stesso sia stato lavorato con le medesime tecniche e cure tradizionali dell’arte salumiera) del prodotto a base di carne”.
È bene notare, rimanendo nell’ambito del testo della bozza presentata dall’onorevole Carloni, che verrebbe di fatto mantenuta la facoltà di utilizzare la stessa denominazione nel caso in cui le proteine vegetali venissero aggiunti a prodotti a base di carne, così come nel caso in cui dei prodotti vegetali e a base di carne venissero abbinati tra loro.
La tesi impugnata e difesa nel testo della bozza, come già accennato, è quella della tutela e della difesa dei consumatori, degli operatori del settore e perfino del “patrimonio zootecnico nazionale, riconoscendo il suo elevato valore culturale, socio-economico e ambientale, nonché un adeguato sostegno alla sua valorizzazione”.
L’intera iniziativa, che si articola nella bellezza di sette articoli, ci ricorda le dichiarazioni del nostro Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare, Francesco Lollobrigida, risalenti allo scorso novembre; quando aveva preso a sostenere che il vino dealcolizzato dovrebbe di fatto cambiare nome.
Naturalmente, la proposta ha per di più trovato il pieno appoggio di Assica, con il presidente Ruggero Lenti che, pur riconoscendo i prodotti non a base di carne come “assolutamente legittimi“, sostiene che “altrettanto legittimamente dovrebbero usare nomi distinti da quelli carnei: i prodotti a base di carne racchiudono un insieme di competenze umane, profili nutrizionali e valori anche culturali profondamente differenti rispetto alle imitazioni vegetali”.