Ah, carne e riscaldamento globale – un discorso tanto delicato quanto necessario. Eh sì, perché ogni volta che si finisce per sottolineare l’evidente legame di causa ed effetto tra questi due elementi il rischio è, nelle migliori delle occasioni, di essere bollato come guastafeste. Meglio tacere, invece, sugli epiteti che inevitabilmente volano nelle ben più frequenti peggiori occasioni. Il legame, in ogni caso, esiste ed è ben documentato: motivo per cui uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Jama Network Open ha indagato come convincere le persone a ridurre il proprio consumo di carne e trovato nelle etichette che spiegano l’effettivo impatto climatico un metodo efficace.
Pillola verde o pillola rossa?
Ad aprile, il rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha esortato i leader mondiali, in particolare quelli dei paesi sviluppati, a sostenere una transizione verso diete sostenibili, sane e a basse emissioni – una linea d’azione che rappresenta, per chi fosse abbastanza coraggioso da adottarla, una sorta di suicidio politico. Come abbiamo brevemente accennato in apertura, le persone diventano ossessivamente difensive quando si accenna al legame tra il consumo di carne e il riscaldamento globale.
Il sopracitato studio, tuttavia, ha trovato un metodo più “amichevole” e apparentemente efficace: ai partecipanti è infatti stato mostrato un menu di fast food e gli è stato chiesto di selezionare cosa avrebbero voluto ordinare per un pasto. Menu che, di fatto, erano stati randomizzati per mostrare una di tre etichette: una generale, con un semplice codice “anonimo” su ogni pasto del menu; una verde che intendeva un basso impatto climatico e associata a pollo, pesce e altri articoli vegetariani; e una rossa ad alto impatto climatico per i prodotti a base di carne rossa.
Una sorta di Nutriscore climatico, in altre parole. Per di più, è bene notare che il menu con le etichette verdi recitava: “Questi articoli sono ecosostenibili, hanno basse emissioni di gas serra e un basso contributo al cambiamento climatico”. Il menu in rosso, invece, diceva: “Questi articoli non sono sostenibili dal punto di vista ambientale: hanno elevate gas serra e un alto contributo al cambiamento climatico”.
Rispetto al “gruppo di controllo” (ossia, per intenderci, quello con il menu né verde né rosso), ben 23,5% persone in più hanno selezionato voci di menu sostenibili quando si sono trovati faccia a faccia con le etichette rosse. Le conclusioni, di fatto, si commentano da sole: la presenza di informazioni circa l’impatto climatico di un determinato piatto ha spinto i partecipanti verso le opzioni più sostenibili.
“Abbiamo scoperto che l’etichettatura di prodotti a base di carne rossa con etichette che raccontavano il loro alto impatto climatico” hanno commentato gli autori “era un metodo efficace per indirizzare i consumatori verso scelte più amiche dell’ambiente”.