Quasi trenta tonnellate di pinne di squalo (28,7, se vogliamo essere precisi) ottenute in maniera illegale e apparentemente destinate all’esportazione verso i Paesi del blocco asiatico. Si tratta del “bottino” sequestrato nella giornata di ieri, lunedì 19 giugno, dalle autorità brasiliane, che non hanno esitato a definirlo “la più grande confisca al mondo” nel suo particolare genere. Stando alle stime redatte da Ibama, agenzia impegnata nella protezione dell’ambiente, il carico sequestrato dovrebbe rappresentare la morte di circa 10 mila esemplari di due specie diverse, la verdesca e lo squalo mako, che coincidentalmente solo il mese scorso sono di fatto entrati nell’elenco nazionale delle specie in via di estinzione in Brasile.
Commercio di pinne (e carne) di squalo e la lotta per vietarlo
È bene notare, prima di proseguire, che solo di recente le autorità internazionali hanno introdotto un divieto pressoché assoluto di commercio di carne e di pinne di squalo nel tentativo di salvaguardare la biodiversità della biosfera marina e tutelare, al contempo, i numeri di questi particolari animali. Pare tuttavia che il blocco abbia favorito il fiorire delle pratiche illegali di pesca, solo recentemente culminate con il sequestro del maxi carico in questione.
Stando a quanto lasciato trapelare da Ibama, le operazioni di sequestro hanno di fatto preso di mira due diverse società, ma è bene notare che – come ha spiegato il capo della protezione ambientale dell’agenzia, Jair Schmitt – ce ne sono diverse tuttora sotto inchiesta. “Si tratta di una pratica ricorrente, in Brasile” ha spiegato, riferendosi al metodo brutale che consiste nel tagliare le pinne agli squali per poi abbandonare il resto dell’animale in mare aperto. “Solo alcuni anni fa abbiamo avuto il ritrovamento di circa sette o otto tonnellate di squalo, sequestrate nello stato di Para, con un metodo simile di spinnamento”.
Secondo quanto riportato da Reuters una sola società esportatrice nello stato meridionale di Santa Catarina era responsabile di 27,6 tonnellate di pinne (su un carico complessivo, lo ricordiamo, di 28,7); mentre il resto è stato sequestrato all’aeroporto internazionale di San Paolo alla seconda società coinvolta.
“Quanto è successo è estremamente importante, in quanto simboleggia il ritorno di Ibama alla protezione dell’ambiente marino e in particolare alla protezione del commercio illegale di pesce nel Paese” ha concluso Schmitt. Sea Shepherd Brazil, un’organizzazione senza scopo di lucro, ha nel frattempo presentato un appello alle autorità governative brasiliane affinché vietino il commercio di pinne di squalo e le importazioni di carne di squalo in Brasile.