Qualche giorno fa vi raccontammo di come l’Italia (e l’intera Unione Europea con lei) sia tra i grandi nomi del mercato di carne di squalo, una tipologia di commercio che ha ridotto sensibilmente la presenza della specie negli oceani portandola fino a rischio di estinzione. Ora, uno studio redatto dai ricercatori del Yale-NUS College di Singapore ha evidenziato che tracce di carne di squalo in via d’estinzione sono anche riscontrabili nel cibo per animali domestici.
“Ocean fish” o, se preferite, “pesce oceanico”: questa la dicitura dietro la quale molti dei brand analizzati dal gruppo di ricerca mascheravano la presenza di carne di un animale a rischio, i cui numeri negli oceani si sono ridotti del 70% negli ultimi 50 anni. “La maggior parte dei proprietari di animali domestici sono probabilmente amanti della natura” hanno spiegato gli autori dello studio, Ben Wainwright e Ian French. “Pensiamo che la maggior parte sarebbe allarmata nello scoprire che potrebbero contribuire inconsapevolmente alla pesca eccessiva delle popolazioni di squali”.
Gli scienziati hanno preso in esame 45 prodotti alimentari per animali domestici di 16 marchi a Singapore, analizzandone il DNA: dei 144 campioni sequenziati, 45 – circa un terzo – contenevano il DNA di specie di squalo, principalmente squalo blu, squalo seta e squalo pinna bianca. In particolare, queste ultime due sono specie considerate “vulnerabili” nella Lista rossa dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN). L’idea degli autori dello studio, pubblicato anche sulla rivista Frontiers in Marine Science, è che la carne potrebbe essere prelevata da carcasse scartate in seguito alla rimozione delle pinne, ma potrebbe anche riflettere un aumento del commercio.