Sei un’attività irregolare? Metti a rischio i tuoi dipendenti? Fai contratti a nero, sfrutti la manodopera e se si fa male la lasci morire per strada? Rallegrati, da oggi c’è un sistema normativo nuovo di zecca che ti tutela. Dal 2 agosto è entrato in vigore il decreto legislativo n 103/2024 aka Semplificazione dei controlli sulle attività economiche. Il governo Meloni attua una legge già approvata dal predecessore Draghi, ammorbidendone le misure. Che, alla voce controlli, chiede un preavviso delle ispezioni e l’impossibilità di reiterarle per almeno 10 mesi.
Così chi ha qualcosa da nascondere può organizzarsi meglio per restare nell’illegalità, settore agricolo compreso.
Articolo 5, comma 8: l’annuncio dell’ispezione
Il Fatto Quotidiano centra subito il fulcro della questione. Che si trova precisamente all’articolo 5, ovvero “Principi generali del procedimento di controllo delle attività economiche”. Una sezione che in 9 comma spiega le regole del gioco di questo decreto legislativo che pare studiato ad hoc per promuovere il nero. In particolare colpisce il comma 8, che “in attuazione dei principi di trasparenza” afferma: “l’amministrazione fornisce in formato elettronico, almeno dieci giorni prima del previsto accesso presso i locali dell’attività economica, l’elenco della documentazione necessaria alla verifica ispettiva”.
In sostanza, l’ispezione va annunciata 10 giorni prima. Niente blitz, niente fattore sorpresa, nessun rischio di trovare malfattori con le mani nel sacco. Al governo non piacciono i polizieschi, almeno quando riguardano l’andamento dell’impresa per quanto piccola sia. Ma c’è di più. Tornando indietro al comma 6 leggiamo che, qualora l’esito del controllo sia conforme a obblighi e adempimenti, “il soggetto controllato è esonerato dai medesimi controlli nei successivi dieci mesi”. Non solo hai avuto modo di prepararti, datore truffaldino: una volta passata l’ispezione non ci devi più pensare per quasi un anno.
Chi controlla i controllori?
Ci sono almeno altri due articoli da considerare. Il primo è l’articolo 6 che (non è una barzelletta) si chiama proprio “Violazioni sanabili e casi di non punibilità per errore scusabile”. In cui, al comma 1, prevede un annullamento della sanzione (di cinquemila euro) in caso di ottemperanza alla diffida. La possibilità, chiarisce Il Fatto, non vale nei casi di tutela della salute, sicurezza e incolumità sul luogo di lavoro. Ma basta a sollevare un velo di dubbio sulla percezione delle violazioni, e sulla facilità con cui le sanzioni possono essere evitate.
Il secondo è l’articolo 3 che istituisce il “sistema di identificazione e valutazione del rischio su base volontaria”. Le imprese avranno la facoltà di richiedere e ottenere il Report certificativo “a rischio basso”, e di venire così sottoposte a meno controlli. La domanda però è sempre la stessa: chi controlla i controllori? Al comma 4 vengono elencati “organismi di certificazione, ispezione, validazione o verifica accreditati presso l’Organismo nazionale di accreditamento”. Che significa tutto e niente, o meglio: soggetti privati. Che dietro compenso possono, come dire, chiudere un occhio.
Le implicazioni per il settore agricolo
Basta avere un minimo di buon senso per vedere come, dietro la pretesa di minimizzare la burocrazia e agire secondo la “fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta delle amministrazioni, il decreto dia ampia autonomia alle imprese. Anche quelle (e sono la maggioranza) che non tutelano i dipendenti. Sempre Il Fatto ci ricorda che in Italia i controlli trovano irregolarità in tre aziende su quattro, e che nel primo semestre del 2024 i morti sul lavoro sono già 469 (più di 2,5 al giorno).
A noi viene subito in mente il settore agricolo, fra i più grandi impiegati di lavoratori immigrati, cronicamente affetto da caporalato e infortuni mortali. Curare piaghe così profonde e provare a mettere tutto in regola, a partire dalle condizioni degne dei lavoratori, non è facile. Ma con misure di questo tipo sembra proprio voler mettere il carro davanti ai buoi, visto che siamo in tema. Partire dal presupposto che tutto sia svolto in trasparenza, in questo campo e in questi campi italiani, ci sembra davvero un’assurdità.