Il cibo ultra-processato non è l’ideale per la salute. Si tratta di una conoscenza ampiamente condivisibile – per la sempreverde legge del sentito dire, o per semplice intuito, o ancora perché, in un certo senso, ci pare giusto così; ma anche e soprattutto perché a dirlo è la scienza. Tutt’altro che una novità, diranno i nostri lettori più attenti: gli alimenti ultra-processati, o più generalmente il cosiddetto “cibo spazzatura”, è di fatto da tempo sotto la lente d’ingrandimento delle autorità scientifiche e sanitarie, con studi recenti che ne evidenziano le conseguenze negative per il corpo e anche per la mente.
Malattie cardiache, cancro, diabete di tipo 2, problemi di natura mentale come la depressione o i disturbi al sonno e (dulcis in fundo) morte prematura. Il fatto che la lista dei rischi per la salute associabili ai cibi ultra–processati sia lunga è di nuovo un qualcosa che sappiamo o crediamo di sapere, per intuizione o presentimento – ma quanto lunga?
Il più grande studio del suo genere sul cibo ultra-processato
Secondo la più ampia ricerca mondiale nel suo genere il cibo ultra-processato è direttamente collegato a 32 rischi per la salute, ovviamente comprendenti – ma non limitati – della breve lista anticipata nelle righe qui sopra. Lo studio in questione, pubblicato nella giornata di giovedì 28 febbraio 2024 su BMJ, ha preso in esame 45 rapporti scientifici elaborati negli ultimi tre anni, inclusi i dati di quasi 10 milioni di pazienti e volontari.
I risultati, come appena accennato, sono più che eloquenti: “Complessivamente sono state trovate associazioni dirette tra l’esposizione a cibi ultra-processati e 32 parametri di salute che abbracciano mortalità, cancro e risultati sulla salute mentale, respiratoria, cardiovascolare, gastrointestinale e metabolica” hanno scritto gli autori dello studio. “Una maggiore esposizione agli alimenti ultra-processati è stata associata a un rischio più elevato di esiti avversi per la salute, in particolare cardiometabolici, disturbi mentali comuni ed esiti di mortalità”.
Numeri – e prove empiriche – alla mano, un maggiore consumo di cibo ultra-processato è stato associato a un aumento del rischio di morte dovuta a malattie cardiovascolari del 50%, a un rischio maggiore di ansia e disturbi mentali comuni dal 48 al 53% e a un rischio maggiore di diabete di tipo 2 del 12%; oltre a un aumento del rischio di disturbi al sonno dal 40 al 66%, e a un aumento del 22% rischio di depressione.
L’appello del team di ricerca, evidentemente rivolto alle autorità governative, è quello di segnalare i potenziali danni alla salute del cibo ultra-processato con una più opportuna etichettatura (un po’ come successe per le sigarette, tanto per intenderci), limitando la pubblicità e la promozione dello stesso. Vale la pene notare, a proposito di questo ultimo punto, che la Scozia si sta già muovendo in tale direzione – anche se non tutti ne sono felici.