Matteo Renzi non vuole un vertice europeo ogni 15 giorni, ma al prossimo, solleticato nell’orgoglio dalla notizia che dopo Carte Noire, marchio del caffè appena acquistato per 700 milioni di euro da Lavazza, anche Grand Marnier sta per diventare italiano, potrebbe guardare Hollande con maggiore sussiego.
(Voi però non gli parlate di Vivendi).
La notizia circola da qualche ora: il gruppo Campari ha raggiunto un accordo con la famiglia proprietaria della secolare azienda francese ampliando così la già affollata vetrina dei liquori di casa.
Già rilevato il 17,19% delle azioni, è stata lanciata un’Opa al prezzo di 8,05 euro per azione, l’offerta totale vale così 684 milioni di euro.
La formula del Grand Marnier, miscela di cognac, essenze d’arancia e altre botaniche, viene ideata nel 1880 da Louis-Alexandre Marnier-Lapostolle, partendo da una piccola distilleria specializzata in liquori fruttati.
Dopo un decennio di sperimentazioni, il nostro si mette in viaggio per promuove il liquore; fortuna vuole che l’influente direttore del Savoy Hotel di Londra, César Ritz, s’innamori al tal punto del Grand Marnier da diffonderlo nell’aristocrazia inglese.
Una ricetta davvero internazionale, tanto che ancora oggi il 92% della produzione è riservata ai mercati d’oltreconfine, specialmente USA e Gran Bretagna.
Campari, che ha come obiettivo dichiarato l’accelerazione sul mercato estero, inanella acquisizioni da anni (Cynar, Crodino, Averna), e ormai è il sesto gruppo nel mondo dei liquori di marca con un fatturato 2015 di 1,65 miliardi di euro.
[Crediti | Link: Il Sole24Ore]