Calza della Befana: Coldiretti si preoccupa per la salute dei bambini

La principale associazione italiana dell'agricoltura lancia un appello per evitare di riempire la calza della befana con cibo spazzatura, ma qualcosa non torna.

Calza della Befana: Coldiretti si preoccupa per la salute dei bambini

L’Epifania tutte le feste si porta via – ma non prima di aver riempito la pancia di ulteriori dolcini e dolcetti, per concludere la danza gastronomica delle festività. La tradizione più diffusa (o almeno, una delle più diffuse) la conosciamo tutti: la calza della Befana piena di cioccolatini, caramelle e, per i meno buoni, carbone dolce. Ma per Coldiretti questa usanza è preoccupante: il consumo di leccornie ultraprocessate rappresenta un pericolo per la salute e andrebbe evitato. Cosa ci metterebbe dentro, allora, l’associazione dell’agricoltura italiana?

Buoni propositi a metà

dolciumi

 

Coldiretti torna a preoccuparsi del cibo dei più piccoli, e lo fa a partire da una stima pubblicata sulla pagina Instagram della sezione Veneto. Secondo un’indagine Coldiretti/Ixè, la tradizione della calza della Befana non demorde e anche quest’anno sarà portata avanti in quasi una casa italiana su due (le stime parlano di un 48% di fan dell’indumento “dolcificato”).  Tradizione che, peraltro, non tocca più solo i più piccoli, ma anche le persone adulte che decidono sempre più spesso di regalarsi il tessuto carico di cioccolati e caramelle. Dove sta il problema? Beh, in ciò che la calza contiene.

Se pensate gli alimenti ultra processati non vi riguardino è perché non sapete quali sono Se pensate gli alimenti ultra processati non vi riguardino è perché non sapete quali sono

“Considerato che l’appuntamento riguarda soprattutto i piccoli italiani, l’appello della Coldiretti è quello di evitare di mettere nella calza soprattutto quei dolciumi ultra trasformati il cui consumo rappresenta a lungo andare un pericolo per la salute”, cita la didascalia sotto il post di Coldiretto Veneto. L’associazione propone in alternativa la scelta di frutta secca (per la quale da qualche giorno è scattato l’obbligo di etichetta d’origine) e “prodotti naturali”, come biscotti e dolcetti fatti con prodotti a km zero.

Per quanto sia intuibile e condivisibile l’idea di fondo, stona un po’ quell’aggettivo “naturali” riferito ad alimenti che, per quanto magari non industriali, sono pur sempre sottoposti a lavorazioni e magari ricchi di zuccheri o altre sostanze potenzialmente nocive per i bambini. Manca forse un po’ di chiarezza e coerenza, insomma, da parte dello stesso colosso dell’agricoltura italiana che aveva stretto una collaborazione con il gigante del fast food mondiale per portare alta la bandiera del Made in Italy: anche questa un’iniziativa un po’ monca.