In Calabria è nato un nuovo presidio Slow Food: si tratta dei fagioli di Cortale, cinque varietà di un legume ben radicato nella storia e tradizione della provincia di Catanzaro.
Era abitudine, quando si dovevano scegliere i fagioli da piantare per la semina dell’anno prossimo, invitare a casa propria l’intera famiglia, sedersi attorno al tavolo tutti insieme e scegliere i legumi migliori. Così un momento di convivialità diventava una festa e questo, a Cortale, lo ricordano ancora adesso.
Memori di questa usanza e del valore della propria biodiversità, dalla provincia di Catanzaro arriva un nuovo Presidio Slow Food: il fagiolo di Cortale. Ma per fagiolo cortalese si intendono in realtà cinque diverse varietà: la reginella bianca (detta “ammalatèddha”), la reginella gialla, la cannellina bianca (o rognonella per la forma simile a un rene), la cocò gialla (nota anche come “limunìdu”) e la cocò bianca.
Ognuna di queste varietà si abbinano a un piatto diverso. «Di queste colture si ha notizia fin dagli anni Trenta del Novecento» spiega Alberto Carpino, referente per la Calabria dei Presìdi Slow Food, «e secondo alcuni documenti anche in epoche più lontane, databili intorno alla fine dell’Ottocento. Per ogni varietà c’è una ricetta tipica: la cocò gialla si gusta lessa e condita con un filo d’olio extravergine d’oliva, mentre la reginella si sposa alla perfezione con la pasta corta. La cannellina si cucina spesso con le scilatelle, tipico primo piatto calabrese; le cocò, invece, si esprimono bene nella tradizionale zuppa di funghi e fagioli. E poi, naturalmente, c’è la fagiolata: l’immagine alla quale sono più legato è un ricordo di quand’ero bambino: quella della pignatta, il contenitore di terracotta utilizzato per cuocere i fagioli sul camino di casa» ammette Carpino.
Nonostante i molti utilizzi, negli scorsi decenni la produzione è andata lentamente diminuendo, a causa dello spopolamento e dell’arrivo di altre varietà di fagioli. Negli ultimi anni, però, l’amministrazione comunale, guidata dal sindaco e agronomo Francesco Scalfaro, ha valorizzato i semi conservati dai contadini custodi, scommettendo sul progetto del Presidio Slow Food, all’adesione di quattro ristoratori e alla tutela dei produttori, che oggi sono una dozzina.
«L’obiettivo è far crescere la consapevolezza del valore che hanno questa terra e questa coltivazione, e al contempo anche mettere in guardia dal rischio di perderlo – prosegue Costantino – Vogliamo invogliare i produttori a investire in una linea di lavorazione, introducendo macchinari come seminatrici di precisione e facendo sì che condividano queste tecnologie tra di loro». Le superfici coltivate (tutte in biologico), tutt’ora piuttosto ridotte, comprendono il comune di Cortale e alcune aree confinanti dei comuni di Jacurso, Maida e San Pietro a Maida, in provincia di Catanzaro.