Pare che il mondo del caffè giaccia in precario (anzi, precarissimo) equilibrio su quel compromesso senza tempo che regna la qualità e il prezzo. Ci spieghiamo: appena un paio di mesetti fa tentammo di spiegarvi, grazie anche all’intervento di due professionisti del settore, che mentre il prezzo della proverbiale tazzina continuava fondamentalmente a crescere (qui i dati Eurostat indicano un rincaro del 16,9% su base annua) la qualità della materia prima scivolava sempre più verso il baratro. Si tratta di una situazione, naturalmente, in cui gioca un ruolo fondamentale anche la sensibilità dell’imprenditore: “Se l’obiettivo è mantenere la qualità del prodotto, la marginalità quasi sicuramente deve essere sacrificata” aveva commentato a tal proposito Jacopo Bargoni, Ad de Le Piantagioni del Caffè. Le più recenti analisi di settore, tuttavia, rivelano un neonato interesse per la qualità, trainato dalla domanda dei chicchi provenienti dal Kenya.
Prezzo o qualità: questione di equilibrio (e di etica)
È importante notare, prima di addentrarci nelle piantagioni kenyote, che di fatto il sopracitato aumento della tazzina è stato anche figlio di quella che, per amore della semplicità, viene solitamente riassunta in “tempesta perfetta”: bollette alle stelle, tagli ai raccolti (una cortesia, questa, del cambiamento climatico) e le flessioni della valuta hanno naturalmente tutte influito sulla nostra tazzina al bancone. Come abbiamo brevemente accennato, la risposta è piuttosto semplice: tagliamo la qualità, compriamo materia prima più scadente e salviamo i margini.
I prezzi del caffè, tuttavia, hanno preso ad aumentare (seppur in maniera marginale) durante la settimana in corso a causa di una elevata domanda di chicchi di prima qualità: stando a quanto lasciato trapelare, infatti, la materia prima del Kenya è stata venduta a 217 dollari per sacco da 50 kg nell’ultima sessione di vendita, in netta crescita rispetto ai 192 dollari registrati durante lo scambio precedente.
Vi ricordiamo, rimanendo in questo contesto, che di fatto il Kenya vende oltre il 95% del suo caffè sul mercato mondiale; e che la materia prima di alta qualità è tradizionalmente richiesta dagli acquirenti per poi essere utilizzata durante la miscelazione con prodotti più poveri. Il valore complessivo del caffè di prima scelta kenyota è salito a 446,840 dollari rispetto ai 377,539 della vendita precedente, mentre il totale dei sacchi messi in vendita è cresciuto dai precedenti 8663 fino a 8967. Insomma, i numeri non mentono: c’è stato un incremento, seppur leggero, di acquisti di chicchi di prima scelta, segno di un potenziale riassestamento sull’asse prezzo-qualità – anche se chiaramente lasciarsi prendere dall’ottimismo, considerando il parere degli addetti al settore, rischia di essere una mossa un po’ ingenua.