Sotto i lampadari ottocenteschi del Caffè Greco l’aria continua a essere agitata. L’intera vicenda dello storico locale romano meriterebbe – o forse esigerebbe – un’ampia introduzione, che d’altronde da qualche anno a questa parte ormai si sta trascinando lungo i polverosi ingranaggi dei tribunali: per farvela breve – si possono “fare brevi” quasi tre secoli di storia? – il Caffè di Via Condotti 86 è a rischio sfratto. Siamo nel 2017: il contratto di affitto da 18 mila euro al mese è scaduto e l’Ospedale Israelitico, proprietario delle mura, si dichiara disposto a tenere aperto a patto che il canone venga adeguatamente aumentato.
Caffè Greco a Roma: la Corte d’Appello ha dato ragione all’Ospedale Israelitico
Da qui l’inizio del braccio di ferro tra l’Israelitico e Carlo Pellegrini e Flavia Iozzi, titolari del marchio del Caffè Greco, gestori e proprietari degli Arredi. In palio i locali in Via dei Condotti, quelli in cui – espressione normalmente affettata ma che, in questo caso, ci pare adeguata – si è fatto un pezzo di storia. “L’unico posto in cui ci si può sedere ad aspettare la fine del mondo” li definì Renato Guttuso: in questo caso non sarà certo il mondo a finire, ma l’impressione è che ci si stia comunque muovendo a passi ben distesi verso una sorta di epilogo.
La Corte d’Appello di Roma ha appena dato ragione all’Ospedale Israelitico, dichiarando “inammissibile l’azione intrapresa dalla società che attualmente occupa l’immobile dell’Antico Caffè Greco a Roma al fine di impedirne il rilascio, confermando nuovamente la piena correttezza dell’operato” dei proprietari delle mura. La possibilità di discutere il canone d’affitto, nel frattempo, è sfumata: lo stesso Israelitico ha precisato che “non può essere costretto ad alcun rapporto negoziale forzato”. Lo sfratto, in altre parole, andrà avanti.
La storia è finita, dunque? Il Caffè Greco, caffè degli artisti per antonomasia, frequentato da Wolfgang Goethe, Pier Paolo Pasolini, Orson Wells, Massimo D’Azeglio, Sophia Loren, Gabriele D’Annunzio, Elsa Morante e tanti – troppi, per essere elencati – altri, sta per tirare giù la proverbiale serranda sotto il peso di una sentenza? Ci pare difficile: partiamo dal presupposto che una “coda”, la vicenda, ce l’avrà, dal momento che la nel suo provvedimento la Corte d’appello ha fissato al lontano 13 novembre 2024 l’udienza per la precisazione delle conclusioni.
È bene notare, poi, che il “vincolo del ministero dei Beni culturali”, ossia il Decreto Ministeriale di vincolo emesso nel 1953 dal Ministro Antonio Segni, che dichiarò l’immobile in questione “di interesse particolarmente importante” allontanando gli spettri di speculazione e chiusure, “è perfettamente compatibile con l’affidamento dell’immobile a un altro gestore“.
“I beni e le opere presenti all’interno dell’immobile continueranno a essere tutelati nel rigoroso rispetto del vincolo ministeriale” spiega l’Israelitico, “rassicurando che la chiusura del Caffè Greco mai è stata presa in considerazione in quanto sarebbe contro la legge e che il nosocomio preserverà il valore storico e culturale che il prestigioso immobile rappresenta per la città”.