La pandemia da Coronavirus ha avuto delle ripercussioni anche sul mercato del caffè. Come? Riassumendo molto: il fatturato delle torrefazioni italiane è sceso dell’8,6%, mentre si è registrato un incremento dei costi delle materie prime (chicchi verdi) con relativo aumento del prezzo della tazzina di espresso al bar.
La pandemia e relativo lockdown hanno modificato le abitudini degli italiani. I consumi fuori casa, fra lockdown e bar chiusi, si sono per forza ridotti nel corso del 2020, provocando una contrazione del fatturato delle torrefazioni italiane dell’8,6%, per un valore di 337 milioni di euro.
Per quanto riguarda le perdite di fatturate delle torrefazioni nel canale Ho.Re.Ca. nel 2020 sono state del 40%, ma anche il canale vending-Ocs ha perso il 50%. Gli unici canali che sono rimasti stabili sono stati quello del retail tradizionale e dell’e-commerce: il primo è cresciuto a valore del 10,3%, mentre il secondo del 50% (anche se vale meno del2% del totale retail secondo i dati dell’Iri).
Solitamente il caffè viene importato dal Vietnam e dall’Africa Centrale per quanto riguarda la qualità robusta, mentre l’arabica arriva da Brasile, Colombia e America Centrale in generale. Nel 2020 in Italia abbiamo importato 9,4 milioni di sacchi da 60 kg di caffè verde, con un calo dell’8% rispetto al 2019. Le esportazioni di caffè torrefatto sono stati di 4,9 milioni di sacchi da 60 kg equivalente verde, registrando un calo del 6,8% (anche se si parla di un export nel 2020 del valore di 1,3 milioni di euro).
Anche il volume di caffè verde trasformato in Italia ha subito un calo dell’8%, raggiungendo solamente quota 9,2 milioni di sacchi da 60 kg. Secondo Michele Monzini, presidente del Consorzio promozione cafè, il settore potrà riprendersi solamente quando finiranno le restrizioni alla circolazione delle persone e quando torneranno a regime le attività fuori casa.
Luciano Sbraga, vicedirettore generale Fipe Confcommercio, ha spiegato che per un bar il caffè vale il 32% del fatturato. Tuttavia adesso gli esercenti, oltre che con le restrizioni e chiusure provocate dalla pandemia, devono fronteggiare anche l’aumento dei costi delle materie prime (aumento che viene registrato in molti settori, non solo in quello del caffè). In un anno, infatti, il costo del chicco verde è aumentato di più del 40%. A giugno 2020 il prezzo era di quasi 100 centesimi per 450 grammi, mentre adesso a giugno 2021 si è arrivati a quota 144 centesimi.
Sbraga ha però sottolineato che il costo delle materie prime non incide poi così fondamentalmente sul prezzo del caffè torrefatto e questo perché in una tazzina alla fine ci sono solamente 7 grammi di caffè, con un’incidenza sul finale del 20% (17-18 centesimi su 1 euro). Quindi, in teoria, anche un aumento di un paio di euro al chilo per il caffè verde non dovrebbe riflettersi in modo significativo sul prodotto finale.
Nonostante ciò, però, il prezzo dell’espresso al bar è comunque salito: si è registrato un +1,4% all’anno. Con nette differenze a seconda delle regioni: se a Reggio Calabria si parla di 88 centesimi e di 90 centesimi a Napoli, ecco che a Roma arriviamo a 93 centesimi, 1.09 euro a Torino, 1.10 euro a Modena, Ravenna e Belluno e 1.11 a Bologna. Qui trovate poi la classifica dei prezzi del caffè al bar in Italia.
Verrebbe spontaneo chiedersi perché, a questo punto, non coltivare il caffè in Italia. A spiegare perché questo sia impossibile è Lorenz Bazzana, agronomo di Coldiretti. Il fatto è che il caffè, per crescere, richiede temperature ambientali che stiano nei range di 10-40 gradi. Il che qui in Italia è impossibile da avere. Ovviamente si potrebbero implementare piantagioni di caffè con sistemi di riscaldamento o serre particolari, solo che questo causerebbe un’impennata dei costi fuori mercato.