La legge dello stereotipo vuole che il consumatore seriale di caffè dorma poco più di un paio di ore per notte, soffra di palpitazioni e abbia una pressione sanguigna alle stelle. Problemi che, diciamocelo chiaramente, potrebbero decisamente insorgere – ma solo nel caso in cui si vada a esagerare con le quantità bevute. Eh sì, perché stando a quanto portato alla luce da uno studio condotto da un team di ricercatori dell’Università di Bologna e dell’IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna – Policlinico di Sant’Orsola “chi beve regolarmente caffè ha una pressione sanguigna significativamente più bassa, sia a livello periferico che a livello centrale, rispetto a chi non ne beve”. Cioè, si è ribaltata la situazione che manco le migliori puntate di 4 Ristoranti.
La chiave di volta: le quantità
Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Nutrients, ha preso in esame ben 1503 persone (di cui 720 uomini e 783 donne) analizzandone e confrontando i livelli della pressione sanguigna e le abitudini di consumo del caffè, oltre a una serie di dati clinici “di contorno”. I risultati, lo dobbiamo ammettere, ve li abbiamo già spoilerati: “La pressione arteriosa periferica è risultata decisamente più bassa nei soggetti che consumano da una fino a tre tazze di caffè al giorno rispetto ai non consumatori di caffè” ha spiegato Arrigo Cicero, primo autore della ricerca.
Vi facciamo notare la quantità consigliata: da una a tre tazzine. Superata questa soglia, infatti, si rischia di incappare nelle conseguenze negative dell’eccesso di caffeina. Ma rimaniamo nel campo di quelle più piacevoli: i risultati dello studio in questione sono particolarmente significativi perché, per la prima volta, l’effetto di riduzione della pressione è stato osservato “anche rispetto alla pressione aortica centrale, quella vicina al cuore, dove si osserva un fenomeno quasi identico”.
Insomma, il caffè è un valido alleato nella lotta al rischio di malattie cardiovascolari – ammesso che venga consumato con cognizione, è chiaro. Il merito di questa funzione è dovuto ai contenenti bioattivi contenuti nella tazzina, polifenoli in primis, che secondo quanto osservato nello studio sarebbero in grado di contrastare gli effetti più dannosi della caffeina.
E il decaffeinato? “Effetti positivi per la salute umana sono stati registrati anche tra chi consuma caffè decaffeinato” ha aggiunto Cicero. Anche in questo caso, tuttavia, nonostante il dosaggio di caffeina naturalmente ridotto, la regola d’oro rimane quella di non esagerare.
Rimanendo in questo contesto, avete presente l’impatto ambientale delle capsule di caffè? Ecco, e se vi dicessimo che in realtà non sono affatto la scelta peggiore per il bene del nostro acciaccatissimo pianeta?