Quattro anni di ricerca: questo il tempo necessario ai ricercatori del CSIC (o Consiglio superiore per la ricerca scientifica) a coltivare il primo raccolto di cacao europeo. Un raccolto forte di una produzione complessiva di 70 chilogrammi che in parte è già stato inviato a una fabbrica europea specializzata nella produzione di cioccolato che, una volta portate a termine le analisi del caso, deciderà se proseguire con l’utilizzare il raccolto in questione. Si tratta di un risultato, quello raggiunto dagli scienziati del CSIC, che di fatto potrebbe rappresentare un importante punto di svolta in un contesto sempre più complicato, con il primo produttore al mondo – la Costa d’Avorio – alle prese con raccolti sempre più mutilati dalla siccità e l’Unione europea che ha recentemente deciso di vietare l’import di prodotti legati alla deforestazione – cacao naturalmente incluso.
Cacao europeo: quanto tra il dire e il fare c’è di mezzo la natura
L’albero del cacao è una pianta che trova nel clima tropicale il suo habitat ideale – motivo per cui, al fine di coltivarlo nel ben più mite contesto europeo, è stato fin da subito necessario mettere a punto una strategia per tenere sotto controllo la temperatura. La soluzione, in questo caso, è piuttosto semplice: “Lo coltiviamo in una serra” ha spiegato Iñaki Hormaza, che ha seguito il progetto in veste di responsabile.
Anche il secondo problema è strettamente legato a vincoli naturali: affinché le piante producano frutti ci dev’essere l’impollinazione. “Nel caso del cacao, il compito è affidato a diverse specie di insetti che abitano il clima tropicale” continua a spiegare Hormaza. “Nel nostro caso abbiamo effettuato un’impollinazione manuale per assicurare l’inizio della produzione di frutti. Una volta avviato il processo, abbiamo intenzione di svolgere dei test con gli insetti europei per vedere se è possibile ottenere un’impollinazione naturale”.
In una prima fase del progetto i ricercatori hanno deciso di utilizzare due tipologie di serre: una riscaldata, in cui la temperatura non scende mai al di sotto dei 15 gradi, e una seconda senza riscaldamento ma equipaggiata con coperte termiche e protocolli di ventilazione automatizzata che permettevano di disperdere il calore durante le ore notturne, chiaramente più fredde. La pianta ha dimostrato di preferire la prima serra, ma con le dovute messe a punto è possibile stimolare la produzione in entrambi i casi – con il secondo che, naturalmente, implica costi di mantenimento decisamente più contenuti.
Come abbiamo brevemente accennato in apertura, riuscire ad assicurare una produzione locale (e con “locale” intendiamo europea) di cacao sarebbe una mossa che permetterebbe di smarcarsi dalla dipendenza dalle importazioni, la cui abbondanza è attualmente minacciata dalla morsa della siccità; e soprattutto di assicurare un prodotto che si approccia in maniera più consapevole alla sostenibilità ambientale.