Se, come me, avete in ubbia gli stramaledetti “apericena” non avete gran consuetudine con i buffet.
Ma d’estate, in vacanza, è quasi impossibile non imbattersi in una di queste tavolate imbandite che propongono ogni ben di dio, che siate in ferie in un albergo, in un villaggio turistico, in una nave.
E – ascoltate me – quando c’è un buffet la natura umana rivela il peggio di sé.
Il fatto è che ognuno di noi, anche il più controllato, anche il più ragionevole, affronta il buffet come una sfida.
Lo guarda e pensa: ora te la faccio vedere io. Dunque si avvicina alla teoria di vassoi intenzionato ad accumulare un valore in cibo superiore a quanto ha pagato. La camera costa 100 euro? “Cascasse il mondo, mangerò surimi per 110, così vi frego, ahr ahr ahr.”
Io sono reduce da una decina di giorni di ferie trascorsi con la famiglia in un paio di pensioni tre stelle (una era “tre stelle S”, a essere onesti). Ed entrambe avevano il buffet anche se circoscritto alla fase antipasti.
In più di una settimana ho attentamente osservato gli altri ospiti, alcuni dei quali si sono rivelati cintura nera di buffet. Da questi ho imparato molto. A fine vacanza, seguendo il loro esempio, ho perfezionato molto la mia tecnica. Sostanzialmente basata su questi principi:
– Allargare la base d’appoggio, creando sul piatto una corona che ne aumenti la circonferenza. Sono molto adatte le fette biscottate o le focacce secche (non il pane carasau, però: troppo fragile);
– Porre i materiali più pesanti al centro e quelli più leggeri – ad esempio gli affettati – ai lati, in modo omogeneo, per non compromettere la stabilità del supporto;
– Per massimizzare il carico, creare numerosi strati. Per motivi squisitamente fisici, questi non debbono seguire l’ordine gastronomico, ma quello della durezza: i prodotti più duri – formaggi stagionati, olive… – vanno in basso, quelli più molli – il tiramisù, il budino – in alto;
– Il vero esperto sa affrontare anche il difficile tema “materia liquida”: crea appositi “piscinette” con materiali di costruzione come l’insalata di patate. Un cratere di calcestruzzi di patate, al centro una laguna di gazpacho e il gioco è fatto.
Si potrà obiettare, che in quasi tutti i posti dove esiste il buffet si possono fare tanti “giri” quanti ne si desidera, e dunque non c’è alcun bisogno di mettere tutto assieme.
Si può addirittura cambiare piatto senza che nessuno abbia da obiettare, per evitare di mangiare l’insalata russa e il cannolo alla siciliana immersi nella stessa melma.
Ma il vero “campione di buffet” non cede a queste mollezze da fighetti.
Il vero “campione di buffet” insegue da una vita un solo obiettivo: il piatto perfetto. Quello più ricco di tutti.
Sarebbe da organizzare un campionato. Ma sono certo che in America già ci sarà.