Giuseppe Graviano, boss di Cosa Nostra che da anni è rinchiuso al 41 bis, avrebbe chiesto la possibilità di seguire una dieta vegetariana a causa di problemi di salute. Solo che per i giudici il boss è sano e dunque gli hanno negato il cibo vegetariano. Chiedendogli pure di pagare le spese del procedimento.
Diete personalizzate in carcere: ha ragione il boss o la Cassazione?
Broccoli e carote nella dieta vegetariana
Da una parte abbiamo la difesa di Giuseppe Graviano che sostiene che il boss avrebbe problemi di salute tali da obbligarlo a mangiare solo cibi vegetariani e a non mangiare cibi conservati in contenitori di plastica.
Dall’altra, invece, abbiamo la Cassazione che ribatte che il boss non ha mai documentato nessuna patologia e che i suoi sarebbero solo “capricci” collegati a una scelta personale e non a un motivo sanitario.
Ecco che così la Suprema Corte ha respinto tutte le richieste del detenuto, incluse quelle relative a una presunta mancanza di coperte e alle perquisizioni che avverrebbero tutti i giorni. Inoltre lo ha anche condannato pagare 3mila euro alla Cassa delle ammende.
Andando a vedere più nel dettaglio la tesi della difesa, ecco che al boss di Brancaccio sarebbe stata diagnosticata la presenza dell’Helicobacter pylori, batterio che può causare gastriti e ulcere sia in stomaco che nel duodeno. Secondo la difesa, tutto ciò potrebbe essere stato scatenato dall’uso dei contenitori di plastica dove il cibo viene trasportato ai detenuti.
La difesa ha poi ricordato che il vitto vegetariano era stato garantito a Graviano mentre si trovava nel carcere di Ascoli Piceno, a causa di patologie che, nel corso del tempo, si sarebbero evolute. Quindi negargli adesso la stessa cosa a Perugia sarebbe equivalente a rendere solamente più dura la sua detenzione.
Gli avvocati difensori hanno poi ricordato di quando lo scorso 6 maggio, il tribunale di Sorveglianza gli avesse impedito di usare due coperte personali. Senza dimenticare, poi, del fatto che viene perquisito tutti i giorni col metal detector e manualmente, anche se quest’ultima metodica dovrebbe essere riservata solo qualora ci sia fondati sospetti che il detenuto possa trasportare oggetti pericolosi.
Ma per la Cassazione tutte queste motivazioni sono inammissibili. A partire proprio dalla dieta vegetariana. Per il tribunale di Sorveglianza la richiesta deriva non da un’esigenza medica, visto che non ci sono esami che attestino tali problematiche nel detenuto (e questo nonostante la ricca documentazione sanitaria acquisita agli atti), bensì dipende solamente da una scelta personale.
Per potergli concedere tale trattamento, dovrebbero esserci i necessari documenti e attestazioni mediche. Idem dicasi per i contenitori di plastica.
Più o meno le stesse motivazioni sono state addotte per il diniego al poter utilizzare coperte proprie: non ha patologie allergiche che richiedano l’uso e ci sono da considerare anche esigenza di sicurezza della vita penitenziaria. Quindi niente dieta vegetariana o vegana per il boss a meno che esami e visite mediche non ne dimostrino la necessità.
E qui scatta la domanda: chi sta in carcere può chiedere di seguire una dieta specifica anche senza una prescrizione medica? Una cosa del genere era accaduta anche in Svizzera: qui un detenuto vegano aveva deciso di denunciare il carcere che non era stato in grado di garantirgli la dieta vegana da lui richiesta. Ma la questione è complessa.
In Italia i detenuti hanno la possibilità di comprare cibi al di fuori dei pasti loro serviti, pagandoli di tasca loro. Ovviamente non possono comprare di tutto: c’è un’apposita selezione da cui possono scegliere se acquistare cibi e prodotti confezionati non forniti direttamente dalla mensa del carcere. È quello che viene chiamato sopravvitto.
È possibile sostentarsi solamente con il sopravvitto se i pasti forniti dal carcere non soddisfano le esigenze dei detenuti? Probabilmente no, anche per via dei costi.
C’è anche da considerare come potrebbe mai la mensa di un carcere riuscire a soddisfare le richieste di tutti i singoli carcerati. Dovrebbe soddisfare le richieste di diete particolari per motivi sanitari? Ci riferiamo a chi è celiaco, intollerante al lattosio, allergico a questo o quell’alimento. Ma in questo caso ci va la certificazione medica o ci si basa solo sulla parola del detenuto?
Oppure dovrebbe soddisfare anche le richieste di chi non mangia questo o quel cibo non per motivi sanitari (e che dunque ha sintomi fisici se mangia il cibo a cui è intollerante o allergico), bensì per motivi religiosi o etici, come potrebbe essere un vegano o un vegetariano?
Dal punto di vista organizzativo sarebbe un caos assoluto. E quindi, chi ha ragione alla fine?