La voce circola da qualche ora: è morto Bob Noto. Ci sarà tempo per ricordarlo, per parlarne e per piangerlo ma con Dissapore abbiamo deciso di dare la notizia subito perché per la comunità dei golosi, dei gourmet e anche per quella dei ristoratori Bob era un punto di riferimento.
E, d’un tratto, in un inizio di primavera, è venuto a mancare.
Chi legge Dissapore di certo conosceva Bob, o di persona o attraverso le sue foto di tanti piatti uscite su innumerevoli riviste –quelle nitide, su fondo bianchissimo, con i colori vividi– e qualcuno l’avrà avuto persino per amico.
Bob era uno di quelli che l’alta ristorazione l’ha frequentata con la nonchalance dell’appassionato, che sedeva a tavola da Ferran Adrià quando nessuno in Italia ne conosceva nemmeno l’esistenza, che dava un buon consiglio alla famiglia Lavazza per una nuova consulenza, che ha visto nascere il meglio della cucina contemporanea a partire dalle meraviglie del suo compagno di tante serate esagerate, lo chef Davide Scabin.
Proprio al Combal.Zero, il ristorante di Scabin a Rivoli, l’ho visto una delle ultime volte, a gennaio: primo giorno di apertura post ferie, primo giorno del nuovo menù.
Davide si fidava di pochi giudizi come di quello di Bob. Per noi critici della generazione successiva, per quelli torinesi ancor di più, è sempre stato un maestro grande e grosso che non si prendeva mai troppo sul serio. Una sorta di Kung Fu Panda della gastronomia: grande, divertente e accogliente.
Della guida “I Cento” che curo con Cavallito e Lamacchia diceva “siete la fifty best de’ noantri”: per tutti aveva una battuta, mille dopo il sesto gin tonic.
Di Bob mi è sempre piaciuta una cosa, sopra tutte: il frequentare la grande cucina per piacere personale, per curiosità, per divertimento. Mai per carriera, nemmeno, quasi, per lavoro: pure le foto mi sono sempre sembrate più che altro una scusa per stare nelle cucine ancor più tempo.
L’ultima volta che l’ho visto eravamo a una cena, poco più di un mese fa. Eravamo seduti vicini e abbiamo parlato per tutta la sera e quasi mai di cibo: gli piacevano i libri e le tante altre cose belle della vita.
Un abbraccio a sua moglie. E uno a tutti coloro, che immagino tantissimi, che gli hanno voluto bene. O che hanno semplicemente condiviso con lui una tisana.
[Crediti | Immagine: Serena Eller Vainicher]