Le Italian Grape Ale sono in pericolo, e con esse l’unico stile di birra italiano: alte fermentazioni, per intendersi, caratterizzate da una percentuale di uva, mosto o mosto cotto. Ma c’è una petizione per salvarle.
Fino ad ora un bel riconoscimento per giovane tradizione brassicola dell’Italia, che non è il Belgio e non è la Germania degli stili secolari ma in 25 anni di storia della birra artigianale ha saputo contraddistinguersi proprio per il mosto d’uva in fermentazione: birre molto caratterizzate che hanno ben rappresentato i tanti vitigni della penisola, attraverso la birra.
Succede però che le IGA potrebbero perdere il suffisso “Italian”, concedendo così in qualunque paese la loro produzione e perdendo di fatto la paternità nostrana riconosciuta, oltre al vantaggio dei produttori italiani.
A lanciare la raccolta firme online – con tanto di tamtam sui social – Gianriccardo Corbo, homebrewer dal 2005 e dal 2011 degustatore del Bjcp (Beer Judge Certification Program) e giudice in concorsi internazionali.
“Appello a tutti i birrifici, pub e consumatori consapevoli di birra artigianale – scrive su Facebook Corbo -. Condividete questo post e invitate a firmare la petizione.
Da recenti discussioni col BJCP – prosegue il post – è emerso che ci sono probabilità che venga cambiato il nome delle “Italian Grape Ale” in “Grape Ale” per accogliere i desiderata e l’interesse di altri Paesi che producono birre con mosto d’uva con vitigni non italiani. Ho già esposto le mie ferme contestazioni al comitato delle linee guida agli stili del BJCP oltre che al presidente ma è importante che il movimento italiano esprima la sua contrarietà a questa ipotesi”.
La Italian Grape Ale, il cui termine è stato riconosciuto come neologismo dalla Treccani nel 2019, è stata definita nel 2015 come (primo) stile brassicolo italiano dalla BJCP e prevede l’utilizzo di mosto d’uva durante la fermentazione.
A questo link la petizione su Change.org
https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=2530640990572888&id=100008810353295