Sembrano i sacchetti in cui infilare le verdure e la carne da mettere nel freezer, ma in realtà sono sac a poche “grandi e che non si rompono”. A presentarle con entusiasmo contagioso e un sorriso a trentadue denti è Benedetta Rossi, la più celebre food blogger italiana, naturalmente attraverso una delle vetrine che, nel corso degli anni, le ha per l’appunto permesso di scalare l’Olimpo dei content creator di categoria – ci riferiamo, naturalmente, a Instagram. Ora, l’entusiasmo di Benny Red è bello e, come accennato, contagioso, e senza ombra di dubbio vederla contenta e felice per il lancio del suo prodotto ci fa piacere – soprattutto dopo le difficoltà di inizio anno, quando dovette andare sotto ai ferri per una operazione chirurgica alla schiena – ma la domanda è una e inevitabile: c’era davvero bisogno di tanta altra plastica?
Le sac a poche di Fatto in casa da Benedetta
Di nuovo, avanzare una critica nei confronti di una signora che, fondamentalmente, intrattiene (e aiuta, ci mancherebbe) migliaia (milioni? Facciamo pure milioni) di persone con le sue ricette può sembrare un poco meschino, ma allo stesso tempo saremmo noi stessi ipocriti a ignorare l’evidente sottotesto problematico.
Eh sì, perché di fatto come accennato le sac a poche in questione sono interamente in plastica e custodite all’interno di un parallelepipedo in cartone, esattamente come i sacchetti per il freezer. Nel video vediamo la nostra cara Benedetta sfilarne una e poi, con l’aiuto di due complici in fuoricampo, estrarre anche l’intero rotolo (c’è poco da dire: è assolutamente un rotolo con le sac a poche/sacchetti legati tra loro) e le punte.
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Punte, beninteso, fatte su misura per compiacere Benedetta: “Ecco le punte” spiega nel video in questione, un sorriso stampato in volto. “Le punte grandi, finalmente! Per fare le mie cose”. Un particolare, questo, su cui la nostra protagonista non ha ammesso errori: “Benedetta ha insistito per ste cose…” dice un ragazzo in fuoricampo. “Eh sì, gli ho fatto una testa tanta!” ride invece lei.
Insomma, possibile che non c’era altra alternativa alla plastica usa e getta? Amiamo riempirci la bocca di sostenibilità e altre belle parole simili, ma poi alla prima occasione torniamo a fischiettare Life in plastic, it’s fantastic? Di nuovo, sarebbe ipocrita raccontarvi della grottesca parodia che è stata la sponsorizzazione del COP27, affidata alla Coca Cola, maggiore produttore di plastica al mondo; e poi tacere su casi come questi quando, a onore del vero, sarebbe bastato poco per un progetto più attento all’ambiente.