Beirut, la capitale del Libano, continua a pagare il conto dell’esplosione del 4 agosto 2020: secondo quanto riportato dai media locali, infatti, un altro silos di grano è collassato su se stesso, alzando un enorme nube di polvere. Si tratta a tutti gli effetti del terzo crollo nelle ultime tre settimane: la struttura in questione, così come quelle che l’hanno preceduta, erano rimaste particolarmente compromesse dall’onda d’urto dell’esplosione di un paio di anni fa, e di fatto le parti appena crollate erano tra le ultime rimaste in piedi del blocco settentrionale della costruzione.
Lo scheletro incrinato dell’intero complesso è diventato sia simbolo della tragedia che distrusse le riserve di grano della città che della negligenza e corruzione delle autorità statali, tuttora indicate come principali responsabili di quei drammatici eventi. L’idea dei cittadini, infatti, è quella di preservare il più a lungo possibile il blocco meridionale come memoriale, testimonianza e allo stesso tempo accusa di quanto è successo. Il Governo, dal canto suo, ha fatto sapere di volere demolire parte delle rovine del magazzino per porre rimedio ai frequenti incendi, che si sono intensificati soprattutto negli ultimi mesi: il piano è quello di rimuovere i resti di grano che, a causa della fermentazione, stanno provocando i roghi in questione.
“L’ultimo blocco dei silos settentrionale, quello più gravemente danneggiato dall’esplosione e dove dal mese scorso c’era un incendio”, ha affermato l’ingegnere civile francese Emmanuel Durand. “Solo dodici dei quarantotto silos originali sono ancora in piedi, tutti nel blocco meridionale”.