Maicol Vitellozzi è stato fino a luglio 2023 pastry chef presso il laboratorio del re dei lievitati Vincenzo Tiri, dove ha portato avanti il suo progetto di “lasciare un segno sulla pasticceria italiana” unendo la sua visione moderna sulla pasticceria e sulle monoporzioni con le eteree alveolature del maestro lucano, in una collaborazione pionieristica.
La firma di Maicol
Eppure, a ben vedere, una sua firma sulla scena pasticcera italiana già ci sarebbe. Nei suoi otto anni passati alla corte di Matteo Baronetto in quel di Torino, il pasticcere aretino ha trasformato la Farmacia del Cambio in un tempio della colazione, creando code infinite per accaparrarsi i suoi pain au chocolat o, ancora meglio, i “crubik”, croissant cubici ripieni dei crema pasticcera, oggetto del desiderio social di frotte di foodies e influencers che l’hanno reso il pezzo di viennoiserie più celebre d’Italia e forse la risposta spigolosa ai newyorkesi croissant Lafayette.
Dopo l’addio torinese di Vitellozzi, le code per la colazione in piazza Carignano sono rimaste, ma la firma dell’autore sembra essere stata dimenticata. Una sorta di “damnatio memoriae” di cui abbiamo già parlato, e partita -per una sorta di ironico contrappasso- proprio da un lievitato: il “Giandoro”, pandoro a forma di gianduiotto una volta ideato “in sinergia con la maestria del nostro chef pâtissier Maicol Vitellozzi“, e oggi semplicemente “Nato da una suggestione dello Chef Matteo Baronetto”.
“Il mio diamante”
È comprensibile quindi che la ricerca di un segno sulla pasticceria italiana per Maicol passi anche e soprattutto dalla viennoiserie, e il pasticcere si affida ai social per fare un piccolo spoiler di quello che potrebbe essere l’erede del crubik: un poliedro di sfoglia, più o meno delle dimensioni di una pallina da tennis che l’autore stesso definisce “il mio diamante”. Su eventuale farcitura e, soprattutto, dove avremo occasione di mangiarlo resta il più fitto mistero, ma vi terremo aggiornati.