Il rapporto di casa Barilla con i clienti dall’altra parte dello stagno è senz’altro degno di nota. Gli Americani si possono vantare di potere scegliere tra formati che, dalle nostre parti, non vedranno mai la luce (la pasta natalizia, guardando i casi più recenti, ma c’è anche il caso di San Valentino); ma a quanto pare, quando si tratta di mettersi ai fornelli, il Paese è spaccato in un divario generazionale.
Barilla ha commissionato uno studio per comprendere al meglio il rapporto tra gli Americani e la pasta. Ebbene, i numeri parlano chiaro: solamente il 33% dei baby boomer (uno su tre, in altre parole) sa che è necessario salare l’acqua in cui si cuoce la pasta.
E le generazioni più giovani?
Un piccolo discolaimer, a scanso di equivoci: il nostro non è puntare il dito e ridere, né tirare in ballo la lesa maestà. Più banalmente, però, troviamo interessante (e un po’ divertente, lo ammettiamo: ma in maniera sportiva) che pubblicazioni come il New York Post riprendano i consigli più o meno costernati di cuochi italiani sulla questione: “Se non salate l’acqua la pasta risulterà insipida“, si legge sul magazine a stelle a strisce.
Ma non divaghiamo: divario generazionale, come promesso. I dati raccolti da Barilla hanno svelato che il 56% della Generazione Z e il 51% dei Millennial sanno che salare l’acqua quando si prepara la pasta è cosa buona e giusta, e agiscono di conseguenza. Ma non è tutto.
Il secondo capitolo preso in esame riguarda l’olio. Aggiunto al piatto, direte voialtri, e invece no: direttamente nell’acqua di cottura. Barilla, che nel pubblicare i risultati del suo studio ha sottolineato come un’operazione del genere non sia affatto necessaria, ha svelato che ben il 65% dei boomer a stelle e strisce crede sia necessario aggiungere un tocco d’olio all’acqua che bolle.
C’è poi un terzo capitolo dedicato agli spaghetti spezzati, ma l’impressione è che qui si cada più nella provocazione stereotipata. A dovere di cronaca, però, diamo ancora una volta la parola ai numeri: il 62% dei boomer americani non ci vede niente di male, contro il 45% della Gen Z.