Aldo Cursano, vicepresidente vicario di Fipe-Confcommercio, ha lanciato l’allarme: durante un’intervista telefonica rilasciata all’Agi, ha spiegato che il blocco alle 18 di bar e ristoranti rischia di far morire il settore.
Cursano è chiaro: l’intero settore della ristorazione ha sin da subito tutelato la sicurezza della salute dei lavoratori e dei clienti, ma sembra che si stia tentando di scaricare le responsabilità sulle imprese per coprire le proprie responsabilità. E la cosa non è più accettabile. Il vicepresidente ha ricordato che sono stati imposti alla categoria protocolli di sicurezza severi: molti locali si sono indebitati per mettere in sicurezza i luoghi con distanziamento, barriere e formazione del personale.
Solo che poi arriva un decreto come questo che “serve a coprire chi in questi otto mesi avrebbe dovuto salvaguardare e mettere in sicurezza il Paese e invece non lo ha fatto”. Cursano ha poi aggiunto che già 50.000 imprese sono andate perse per effetto della crisi, con 350.000 posti di lavoro a rischio: il settore è amareggiato, i ristoranti sono luoghi sicuri dove poter rispondere in sicurezza al bisogno di socialità.
Il vicepresidente, poi, parla anche delle misure di sostegno: le promesse fatte dal Governo sono come un bicchiere d’acqua che ci promettono di bere oggi, ma che forse verrà dato fra 3 o 6 mesi. Cursano ha poi sottolineato come sia da questa estate che la Fipe allerta sul trasporto pubblico e sulla necessità di diversificare gli ingressi a scuola e nei posti di lavoro, ma i loro avvertimenti sono rimasti inascoltati.
E porta un esempio: dal 18 maggio a metà settembre il virus era contenuto ai minimi e questo nonostante i bar e ristoranti fossero aperti. Poi sono state riaperte le scuole, la mobilità è aumentata ed ecco che il virus è tornato a crescere. A Cursano sembra quasi come se si stesse combattendo contro il comparto della ristorazione: l’ultimo Dpcm ha decretato la morte della ristorazione, motivo per cui mercoledì si terrà una protesta nelle piazze dei capoluoghi di regione.
Cursano lancia la sua proposta. Considerato che i locali stanno subendo perdite del 60-70% da otto mesi e continuano a indebitarsi (perché gli incassi scendono, mentre le spese fisse rimangono stabili o aumentano), ecco che si potrebbe fare come negli altri Paesi: al posto di un contentino ogni tanto, si valuta il periodo, si controlla il fatturato del periodo di quest’anno e si dà il ristoro in base al medesimo periodo dell’anno precedente. E fa un esempio pratico: considerando un’azienda che guadagnava 400.000 euro, se quest’anno ha fatturato per 80.000 euro, ecco che il ristoro deve avvenire sulla perdita di 320.000.