Sono numerose le ombre del caso Ferragni Balocco, tutte favorite dall’alone di implicita virtù che spesso e volentieri aleggia attorno alla domanda “beneficenza” – alone che sovente finisce per squalificare ogni dubbio, per quanto legittimo che sia, sminuendolo a uno più sgraziato “ficcanasare”. Le forze dell’ordine, forti anche e soprattutto dell’analisi dello scambio di mail tra il team di casa Ferragni e la sede stessa della Balocco, stanno lavorando per fare luce; ma anche così persistono alcuni dubbi.
Uno di questi è la questione del prezzo. Ricorderete che l’ormai famigerato pandoro rosa era di fatto stato messo in commercio a un prezzo di due volte e mezza superiore rispetto al “collega” base”, e che proprio questo notevole aumento di prezzo avesse indotto i consumatori a pensare che, attraverso l’acquisto, avrebbero contribuito alla donazione di fondi all’ospedale per bambini Regina Margherita di Torino. Come è ormai evidente non è andata così, ma un dubbio persiste – per quale motivo il pandoro di Chiara Ferragni costava tanto? Parola alla Balocco.
Dal nastrino allo zucchero rosa: la risposta di Balocco
Galeotti furono i cosiddetti “elementi peculiari”, per farvela breve. Numeri alla mano, è bene ricordare che un pandoro tradizionale a marchio Balocco è di fatto venduto alla cifra di 3,68 euro, mentre quelli con la griffe Ferragni sono stati, come già accennato nelle righe precedenti, messi in commercio al prezzo di 9,37 euro.
Un aumento repentino che l’opinione pubblica, evidentemente ammaliata dalla (torbida) promessa di beneficenza, ha tuttavia giustificato come facente parte di una buona causa. Il Codacons, che ha preso in esame il caso Balocco – Ferragni, ha dichiarato di avere ricevuto una lettera ufficiale da parte dell’azienda dolciaria in cui quest’ultima spiega le motivazioni dietro una maggiorazione tanto pesante.
Come anticipato nelle righe precedenti è tutta una questione di rosa. Qualche esempio? “Il nastro di chiusura, il sacchetto contenente il pandoro ed il cartone espositore personalizzati con la grafica su licenza, nonché una bustina di polvere rosa ed uno stencil in cartoncino alimentare da utilizzare per la decorazione del pandoro”, si legge nel testo della lettera.
Il Codacons non abbocca, però. “Un rincaro di prezzo al pubblico del 154 per cento non è giustificato” ha risposto l’associazione, chiedendo al contempo chiedendo poi maggiori dettagli “circa i maggiori costi sostenuti per lo zucchero a velo rosa, per la grafica diversificata” e via dicendo.
Balocco non ha per di più perso l’occasione per tornare sull’affaire Ferragni, sottolineando come “né sulla confezione, né sul cartiglio, né tantomeno sul materiale espositivo erano presenti indicazioni relative alla destinazione di una percentuale del ricavato (o di un importo fisso) a favore della ricerca terapeutica”.
Ancora una volta, il Codacons risponde duramente: “Non possiamo che prendere atto della decisione della Balocco di non voler separare le proprie responsabilità da quelle di Chiara Ferragni, e di farsi carico di tutti i comportamenti scorretti emersi nella vicenda del pandoro-gate. A questo punto agiremo formalmente verso l’azienda nelle opportune sedi civili e penali per far risarcire tutti gli utenti lesi dagli illeciti emersi”.