Cari golosi vicini e lontani, considerando che il 31 dicembre sarò indaffarato nei preparativi di un cenone come si deve, premetto qui i miei auspici per il 2019 gastronomico.
Ché il 2018 è stato bello, ma non lo rivivrei. Ameno non paro paro, stile “Il giorno della marmotta”.
Dunque, caro Babbo Natale –o caro Shiva, caro Buddha, caro Gesù o chiunque sia in ascolto– vorrei che nel 2019…
[Caro Babbo Natale | Letterina di una foodie capricciosa]
[Lettera (aperta) a Babbo Natale]
[Mercatini di Natale che piacerebbero anche a Scrooge]
… chi li ha spendesse soldi al ristorante senza lesinare: l’alta gastronomia si fa solo dove i ricchi spandono in cose belle, senza tenersi i piccioli nel cassetto;
… i bambini mangiassero come si deve, a scuola, e non i cibi mediocri (e cari) che assaggio spesso a mensa;
… i cuochi tornassero a cucinare di più;
… ci fosse un’annata del tartufo come quella di quest’anno;
… nascesse “MasterMaitre” e rendesse di moda il mestiere del cameriere;
… nessun locale servisse più le stramaledette cialde di riso;
… in televisione qualcuno inventasse una trasmissione sulla cultura del cibo che non fosse un talent fotocopia di quelli che già ci sono;
… Roma, Torino, Napoli, Genova, Palermo e le altre città avessero la stessa vivacità gastronomica di Milano;
… Fico avesse successo;
… Bottura vincesse di nuovo la Fifty Best restando umile;
… nessun ristorante avesse una carta dei vini in cui il prezzo di una bottiglia è cinque volte il costo d’acquisto;
… che gli italiani non cedessero alla tentazione dei pasti pronti che vedo sempre più presenti sugli scaffali dei supermercati;
… che Michelin prendesse coraggio e desse due stelle a Riccardo Camanini e Michelangelo Mammoliti (e forse non solo a loro);
… non scomparissero le “trattorie” vere, quelle dove si va in pausa pranzo spendendo 10 euro;
… certi cuochi non copiassero più i piatti di altri cuochi dicendo che sono gli altri cuochi ad aver copiato i loro piatti in una spirale di odio e violenza che nemmeno Il trono di spade.
Poi mi piacerebbe tanto avere i soldi per tornare al Noma e provare tanti grandi ristoranti del mondo in cui non sono mai stato. Per il momento le prospettive non sono rosee.
E non posso nemmeno più giocare la schedina, diamine.