Andiamo in Australia perché qui è stata presa una decisione che potrebbe fare storia: la famiglia di un rider morto sul lavoro dopo essere stato investito da un autobus ha ottenuto un maxi risarcimento in quanto l’assicurazione ha stabilito che il signor Chen, di 43 anni, al momento della morte doveva essere considerato come un dipendente e non come un collaboratore occasionale.
Per tale motivo la famiglia del rider ucciso a Sydney riceverà un risarcimento danni di più di 830mila dollari. Il fatto è che Chen ha lasciato una moglie, due figli e un padre di 75 anni in Cina: tutta la famiglia dipendeva dal suo reddito per sopravvivere e stava aspettando di guadagnare abbastanza da poter tornare a casa per avviare un’impresa di famiglia.
Adesso, dopo la sua morte, ecco che il programma di sostegno dei lavoratori, ha stabilito che la famiglia riceverà il pagamento di una somma forfettaria, oltre ad assegni settimanali fino a 149 dollari per ciascuno dei due figli fino all’età di 16 anni.
Tale decisione potrebbe fare da precursore per altre future richieste di risarcimento danni da parte dei lavoratori, cosa che dovrebbe spingere i sindacati a lavorare per ottenere maggiori tutele per questa categoria di lavoratori. Il fatto è che, di solito, i rider non sono considerati alla stregua di dipendenti, ma solo come collaboratori.
La vedova del signor Chen adesso si augura che anche gli altri rider australiani ottengano il rispetto e riconoscimento che meritano per questo lavoro essenziale che svolgono. Anche in Australia, infatti, i rider non hanno stipendi o contratti fissi, ma lavorano per lo più in modo flessibile, venendo pagati per ogni consegna che completano. Questo vuol dire che non esiste neanche un salario minimo, garanzie di indennizzo e protezione da ingiusti licenziamenti. E non hanno neppure diritto a congedi per malattia retribuiti, contributi automatici o risarcimenti danni quando vengono feriti o muoiono durante lo svolgimento delle proprie mansioni in quanto non sono classificati come dipendenti.