Il terrore di ogni sbadato con qualche ambizione gastronomica: perdersi in congetture, in abbinamenti improbabili, in modifiche che “mi vedesse Alain Ducasse mi stringerebbe la mano” e poi dimenticarsi il sale. Kirin, colosso giapponese attivo nel mondo dell’alimentare, ha di recente messo in vendita un cucchiaio in grado di amplificare la sapidità di un dato cibo tramite l’applicazione di una (lieve, non preoccupatevi) corrente elettrica sulla lingua.
Pagare una dimenticanza con un piccolo elettroshock? No, non proprio. L’idea che sta alla radice del cucchiaio in questione (in vendita alla modica cifra di 19800 yen, equivalenti a grossomodo 115 euro) è fondamentalmente quella di utilizzare la sopracitata corrente elettrica per portare più sodio a contatto con la lingua, amplificando la sua capacità percettiva e rendendo ancora più evidente il profilo sapido di un dato cibo. Chiaro, no?
Un piccolo disclaimer: non provateci con soluzioni fai da te
I cucchiai da scossa, per così definirli, di casa Kirin faranno il loro debutto ufficiale nei punti vendita fisici giapponesi a partire dal mese di giugno, e dovrebbero essere esportati anche al di fuori dei confini nazionali a partire dal prossimo anno. Le previsioni dell’azienda madre sono piuttosto ambiziose: mettere a segno almeno duecento vendite nel solo mese di maggio (i cucchiai sono già disponibili per l’acquisto online, di fatto) e raggiungere il milione di unità vendute entro cinque anni dal lancio.
E per carità, capiamo che l’idea di un cucchiaio che fondamentalmente dia la scossa alla lingua con l’idea di amplificare il sapore possa sembrare un po’ bislacco (e concedeteci l’eufemismo), ma è bene notare che l’intuizione si fonda su solide basi scientifiche: nel corso degli ultimi dieci anni diversi gruppi di studio hanno sperimentato l’uso di sonde elettriche e termiche per stimolare i muscoli e ingannare il cervello umano facendogli credere che stesse assaggiando cibo diverso da quello effettivamente nel piatto (o in bocca, a essere più precisi).
Insomma, l’idea pare valida: non siamo certi di voler spendere più di un centinaio di euro per testarla, ecco. D’altro canto, è interessante sottolineare come il lancio del nostro protagonista possa rappresentare un primo sintomo pionieristico di una nuova frontiera dell‘alimentazione, se non addirittura del gusto: se la tecnologia permette di cambiare il modo in cui le nostri menti elaborano il sapore e percepiscono determinati gusti, il ruolo del cuoco, dello chef, è forse destinato a diventare più marginale? O forse avremo una distinzione, in un futuro ancora comprensibilmente remoto, tra cuochi-artigiani e un consumo dei pasti più standardizzato (ma anche più anonimo), dove sarà la tecnologia a determinare il sapore percepito dei piatti?