Da figlio maggiore di Alfons, che nel 1925 aveva fondato una piccola pasticceria in via della Roggia, a Bolzano, Armin Loacker è stato capace di trasformare il delicato momento del passaggio generazionale, in un’operazione che ha portato l’azienda di famiglia –wafer compresi– in tutto il mondo.
Armin, morto domenica sera a 78 anni in seguito a un malore, era entrato in Loacker nel 1958, quando la cialda croccante farcita con un sottilissimo stato di crema o cioccolato iniziava a essere conosciuta, nella zona del Renon.
[Barrette al cioccolato: Prova d’assaggio]
[Non avrete altre barrette al cioccolato all’infuori di queste 10]
[Porcate guilty pleasure che piacciono agli chef]
Anche grazie a una mossa di marketing ante litteram del furbo Alfons che –calciatore mancato– mandava gli amici nei negozi di Bolzano e dintorni a chiedere “i buonissimi wafer Loacker”.
Quando Alfons, nel 1970, muore lasciando il comando a Armin e sua sorella Christine, Loacker vive un’intensa fase di sviluppo.Il merito va alle grandi innovazioni, sia tecnologiche che di prodotto, e in particolare agli investimenti negli spot televisivi affidati al creativo emiliano Guido De Maria. È lui, tra gnomi/produttori, a inventare uno slogan che vende da oltre 30 anni: “Loacker che bontà!”.
Oggi, l’ex pasticceria diventata azienda familiare, conta oltre mille dipendenti, con un volume d’affari di 330 milioni di euro e l’export che interessa oltre 100 paesi del mondo.
Andreas, figlio di Armin e attuale vicepresidente del consiglio di amministrazione, insieme al fratello Martin e al nipote Ulrich Zuenelli, rappresenta la terza generazione di Loacker a seguire l’azienda.
[Crediti | Alto Adige]