Il cosiddetto “meat sounding” dovrebbe essere un volto già noto dalle nostre parti: si tratta, per farvela semplice, di quel principio che vieta alla bresaola di seitan di chiamarsi “bresaola”, alla bistecca di tofu di chiamarsi “bistecca” e così via. Un evidente – e un po’ grossolano, secondo alcune letture – invito ai prodotti vegani a trovarsi un proprio nome di battesimo? Forse: la Lega, nel presentare la proposta di legge alla Camera, la comunicò parlando di “inganno per i consumatori” sulle false note del più conosciuto italian sounding.
Ebbene, dall’altra parte delle Alpi si segue il nostro esempio: in Francia è stato emanato un decreto che fondamentalmente bandisce i termini “bistecca”, “salsiccia” e “pancetta” nel caso dei prodotti a base vegetale. Le denominazioni appartenenti all’universo semantico carnivoro, in altre parole, sono ad appannaggio esclusivo dello stesso.
Meat sounding in Francia, tra polemiche e confusione
Il divieto di “meat sounding” entrerà in vigore fra tre mesi e sarà, come di consueto, rafforzato da un notevole impianto sanzionistico: numeri alla mano, si parla di multe fino 1.500 euro per i privati a fino 7.500 euro per le aziende che andranno a violare le nuove norme sull’etichettatura. Vale la pena notare, rimanendo in questo contesto, che ai produttori sarà concesso un periodo di un anno per vendere le scorte già esistenti, dunque comprensibilmente immuni alle sanzioni in questione.
Il testo è limpido, tant’è che definisce esattamente che la parola “carne” e i suoi derivati devono necessariamente essere vietata quando si descrivono, commercializzano e promuovono prodotti a base vegetale; e similarmente al caso nostrano è stato inquadrato, a livello comunicativo, nella necessità di appiattire il rischio di confusione tra i consumatori.
Rischio che, a onore del vero, è stato anche e soprattutto suggerito dagli agricoltori e dai professionisti già operanti nel mondo della carne. Il vessillo della tutela del consumatore, in altre parole, si conferma sempreverde e sempre legittimo; e immaginiamo che, al netto di ogni ironia, c’è chi potrebbe sostenere che i prodotti a base vegetale, come la sopracitata bistecca di tofu, si appoggino effettivamente al bagaglio culturale e comunicativo dell’universo “carne”.
Il decreto transalpino consente, però, ad alcuni prodotti contenenti una quantità minima di ingredienti di origine vegetale di mantenere l’etichetta: è il caso della merguez, un tipo di salsiccia, o i cordon bleu. Il divieto della Francia al meat sounding è ancora un neonato: è bene notare, però, che quello italiano – un poco più maturo – è attualmente alle prese con pressioni da parte della stessa industria agroalimentare italiana per una potenziale revisione.