Sono tempi duri per il mondo della birra – tanto per chi la beve quanto per chi la produce e, naturalmente, anche per chi fa entrambe le cose. I sintomi sono vari in natura e numerosi, spaziando dai recenti appelli di Assobirra, che si è rivolta alle autorità governative per invertire la rotta di un settore in forte crisi; fino ai rincari che hanno fatto da protagonisti anche sul palcoscenico dell’Oktoberfest. C’è un filo rosso, però, che collega ogni tassello di questo mosaico di difficoltà – la crisi climatica, i cui effetti si stanno sentendo sia in termini quantitativi che qualitativi.
Birra e crisi climatica: un futuro incerto (e costoso)
Nulla di nuovo per quanto riguarda le quantità – l’ultimo biennio, caratterizzato da una forte tendenza alla siccità, ha infatti portato a importanti mutilazioni del raccolto di orzo -, ma la comunità scientifica ha di recente portato l’attenzione anche sulla qualità del prodotto finale, che starebbe parimerito pagando dazio agli effetti della crisi climatica.
Secondo uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature Communications, infatti, l’aumento generalizzato e repentino delle temperature starebbe influenzando in negativo la resa effettiva e la qualità del luppolo, con la prima che dovrebbe diminuire – secondo le ultime stime – del 4-18% entro il 2050 e il contenuto di alfa acidi (che per l’appunto conferiscono alla birra gusto e profumo) che potrebbe subire una mutilazione del 20-31%.
Il risultato è dolorosamente semplice – la birra del futuro costerà di più e sarà anche meno buona. Per arrivare alle loro conclusioni, i ricercatori hanno confrontato la resa media annua di luppolo aromatico in due differenti intervalli temporali (dal 1971 al 1994 e ancora dal 1995 al 2018) riscontrando “un calo significativo della produzione” di 0,13-0,27 tonnellate per ettaro.
Curioso, insomma, che la bevanda che tradizionalmente accompagna i due più comuni argomenti di conversazione – il meteo e la politica – si troverà verosimilmente a difendere il proprio gusto e la propria accessibilità economica proprio da questi.
I produttori, naturalmente, saranno chiamati a cambiare e ad adattare i propri metodi di produzione agli effetti della crisi climatica, magari installando sistemi di irrigazione laddove, fino a qualche anno fa, non erano necessari. Gli autori dello studio hanno a tal proposito creato un modello per stimare le conseguenze del riscaldamento considerando l’attuale livello di emissioni, e concluso che, se non verranno adattate misure di adattamento, i rendimenti del luppolo da birra diminuiranno del 4,1-18,4% rispetto alla media del periodo 1989-2018.
“È inevitabile che gli amanti della birra sentiranno gli effetti della crisi climatica, sia nel prezzo che nella qualità” ha commentato Miroslav Trnka, scienziato presso il Global Change Research Institute della Czech Academy e coautore dello studio. “I coltivatori di luppolo dovranno fare uno sforzo in più per assicurarsi di ottenere la stessa qualità di oggi, il che probabilmente significherà la necessità di maggiori investimenti anche solo per mantenere il livello attuale del prodotto”.