Siamo arrivati al capolinea: l’affaire Francesca Amadori è giunto alla sua naturale conclusione, con l’erede definitivamente allontanata dal suo ruolo nell’azienda di famiglia. Avete bisogno di rinfrescarvi un po’ la memoria? Niente paura, ci pensiamo noi: la notizia del licenziamento arrivò poco più di un annetto fa, durante le prime settimane di gennaio 2022. Alla faccia del nepotismo, direte voi – nemmeno essere la nipote del fondatore poté aiutare la nostra protagonista, che all’epoca occupava la carica di direttrice dell’area comunicazione della ditta di famiglia, che di fatto venne licenziata “con motivazioni coerenti e rispettose dei principi aziendali”.
Ma ve la immaginate l’atmosfera al pranzo di Pasqua?
La storia aveva naturalmente bucato la bolla della cronaca alimentare approdando sui media nazionali a causa della sua peculiarità – non sempre, d’altronde, capita che l’erede di un’azienda venga licenziata in tronco. Nelle settimane successive al licenziamento l’allora amministratore delegato di Amadori, Francesco Berti, fece un poco di luce su quanto fosse successo dietro le quinte rivelando che da qualche tempo Francesca avesse “smesso di lavorare, sia in presenza che in distanza, senza dare spiegazioni, senza documentare le motivazioni delle sue assenze al lavoro”.
Fast forward di qualche mese: siamo nel novembre dello stesso anno e Francesca Amadori torna a fare parlare di sé in vista dell’udienza in Tribunale fissata per il 13 di dicembre. La richiesta formulata dalla nostra protagonista è semplice: essere reintegrata nel posto di lavoro “che le spetta”, con tanto di risarcimento danni. La tesi impugnata dall’erede è che il licenziamento sia giunto al culmine di un lungo problema di discriminazione di genere nell’ambito della retribuzione economica.
Per farvela breve, Amadori sostenne che, in quanto donna, non avrebbe mai potuto raggiungere una retribuzione o un ruolo “riservati” ai colleghi maschi. Contestualmente la sua autonomia all’interno dell’azienda venne fortemente limitata, con l’area marketing che ritenne opportuno obbligare l’erede a rendicontare ogni spesa ai suoi superiori – una costrizione che innescò una condizione di sofferenza e disagio con tanto di terapia presso uno psicoterapeuta.
In altre parole la società accusava Amadori di assenteismo, e quest’ultima ha fatto causa all’azienda ritenendosi discriminata – un bel pasticcio. Fortunatamente, nella giornata di lunedì 13 febbraio, le parti coinvolte hanno raggiunto un accordo: “Nella giornata di ieri ha trovato consensuale e positiva conclusione il contenzioso in essere fra Francesca Amadori e l’azienda di famiglia” hanno dichiarato gli avvocati difensori di Francesca Amadori, Luca Laudato, Domenico Tambasco, Barbara Cortesi, Marco Praino, Andrea Cattaneo, Adele Santelia.
“La reciproca disponibilità ha reso possibile un accordo che consentisse, in primis, la tutela dell’azienda quale patrimonio della famiglia, dei dipendenti e della collettività intera”. L’augurio dell’azienda a Francesca Amadori, stando a quanto lasciato trapelare, è quello di “poter fruttuosamente intraprendere un percorso professionale diverso, fondato sui suoi 18 anni di presenza in azienda, nel corso dei quali la stessa ha dimostrato competenza e professionalità”.