Una strage silenziosa, sepolta sotto un’immobile coltre di fango: l’alluvione che negli ultimi giorni ha colpito l’Emilia Romagna ha travolto gli animali stipati nei numerosi allevamenti intensivi che punteggiano il territorio regionale, non lasciando loro scampo. A portare la questione alla luce mediatica è l’Organizzazione non Governativa Essere Animali, che nelle giornate di venerdì 19, sabato 20 e domenica 21 maggio ha eseguito una serie di sopralluoghi nelle province di Ravenna e Forlì Cesena (tra le più colpite, come certamente saprete, dal disastro naturale consumatosi negli ultimi giorni) segnalando diverse strutture di allevamento ancora parzialmente o totalmente allagate, con le carcasse degli animali gonfi e violacei, morti accalcandosi nel tentativo di fuggire dall’acqua e del fango.
Migliaia di animali morti annegati durante l’alluvione in Romagna: la denuncia di Essere Animali
Un disastro preannunciato, potremmo definirlo – d’altro canto, la crudeltà degli allevamenti intensivi è ampiamente documentata e conosciuta, con animali che vengono stipati in spazi angusti e in condizioni igieniche critiche nel nome del profitto. Pare dolorosamente logico, dunque, immaginare le conseguenze di una calamità come l‘alluvione che negli scorsi giorni ha colpito la Romagna: scrofe, maiali, galline che, travolte dall’acqua e impazzite per il terrore, tentano senza successo di evadere dalle gabbie troppo strette.
Ma torniamo al sopracitato rapporto di Essere Animali: a Bertinoro, piccolo comune in provincia di Forlì Cesena, i membri incaricati del sopralluogo hanno visitato una fattoria con migliaia di suini immersi nell’acqua e centinaia di scrofe e verri rimasti annegati nonostante i soccorsi tempestivi. Le carcasse erano state impilate sull’esterno, un macabro cumulo di carne e fango; mentre all’interno i capannoni erano ancora parzialmente allagati, con i maiali costretti a vivere nell’acqua alta fino a cinquanta centimetri.
Situazione analoga anche a Bagnacavallo, vicino a Ravenna: qui i membri di Essere Animali hanno riscontrato la presenza di migliaia di galline morte annegate ancora rinchiuse nelle gabbie, i loro corpi ammassati e schiacciati contro le grate di ferro. Per orientarci tra i numeri potrebbero essere utili le stime redatte da Coldiretti – con comunicati stampa che, tuttavia, lasciano intendere come i capi in questione fossero poco più che beni aziendali tranquillamente sostituibili -, che parlano di oltre 250 mila capi di bestiame e circa 45 mila alveari di api.
Una tragedia nella tragedia, in altre parole – ma come accennato qualche riga fa, fingere che non si trattasse di un disastro preannunciato (con le dovute proporzioni, beninteso: l’alluvione è un evento eccezionale, ma i numeri e le pratiche degli allevamenti intensivi rimangono comunque aberranti e problematici) equivale a fare il gioco dello struzzo – sotto terra non c’è niente che non va.