L’alluvione in Emilia-Romagna sta generando delle situazioni a dir poco paradossali. A causa dell’arrivo del caldo e dell’aumento delle temperatura, infatti, nonostante alcuni campi siano ancora pieni di acqua ristagnante, ecco che le colture sopravvissute all’alluvione vera e propria stanno ora marcendo e bruciando in contemporanea. Marcendo perché l’acqua non riesce a defluire o a essere riassorbito dal terreno (anche a causa della lunga siccità: più il terreno è vittima della siccità e più diminuisce poi la sua capacità di assorbire l’acqua). E bruciando perché, a causa del caldo, l’acqua stagnante si sta surriscaldando, arrivando quasi a bollire.
Alluvione in Emilina-Romagna: le colture bruciano e marciscono insieme
Una situazione a dir poco surreale. Nella zona di Ravenna le temperature stanno sfiorando i trenta gradi. Ci si aspetterebbe che le temperature alte aiutino ad asciugare i campi, ma non è così. Questo perché il caldo che brucia e l’umidità residua stanno rendendo quasi bollente l’acqua dei ristagni. E questo concorre a far marcire e a distruggere anche quelle piante che si erano salvate.
A spiegare la situazione è Lino Bacchilega, il direttore della cooperativa agricola braccianti (Cab) “Ter.ra”. Che parla di un “fenomeno che non hanno mai visto”. Fenomeno che, inutile dirlo, è direttamente collegato ai cambiamenti climatici e alla crisi climatica annessa.
La cooperativa di Bacchilega si occupa di 2.100 ettari di campi nella zona di Ravenna. Di questi, 600 ettari sono sott’acqua, soprattutto a Piangipane. Il nome non vi sarà nuovo perchè qui la prefettura di Ravenna, d’accordo con la Cab, ha tagliato gli argini dei canali per evitare che Ravenna finisse ancora di più sott’acqua, riversando parte dell’acqua nei campi.
Attualmente parte dello sversamento è defluito via, ma parte dell’acqua ancora ristagna. E questo lo si nota anche perché le coltivazioni sono nere in quanto stanno marcendo. Inoltre le colture che stanno marcendo nei campi emanano un cattivo odore, con una puzza che peggiora nettamente quando fa più caldo.
Bacchilega ha spiegato che metà dei campi di coriandolo stanno marcendo, tutti i campi di bietola sono ormai persi e anche il granoturco sta marcendo e diventando nero (senza dimenticare tutti i campi di grano andati distrutti). Il tutto, secondo le sue stime, si traduce in danni di 2mila euro a ettaro in media. Cifra che è destinata a salire se le piante bagnate non si salveranno.
Ma ci sono anche altri fattori da considerare. Recuperare i terreni di coltura sarà difficile anche perché le acque hanno depositato diversi detriti. In alcune parti c’è troppo fango, in altre ci sono sabbia, argilla e limo. Con il sole questi strati si sono induriti e finiscono col surriscaldarli, soffocando le radici delle piante.
E paradosso nel paradosso, a causa del gran caldo, anche le piante che non sono state sfiorate dall’alluvione stanno patendo, questa volta per la mancanza di acqua. Questo anche perché le piogge forti degli scorsi giorni non sono servite a nulla: arrivano troppo violentemente e il terreno non riesce a trattenere l’acqua. In pratica, adesso, queste zone stanno contemporaneamente perdendo colture per la troppa acqua e per la troppa poca acqua.