In appena dodici mesi i cosiddetti costi di mantenimento negli allevamenti sono raddoppiati: i primi indiziati, secondo le più recenti analisi di Confagricoltura, sono i prezzi dell’energia e dei mangimi, schizzati alle stelle in seguito allo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina e aiutati (non poco) dal fiorire di pratiche speculatorie sui mercati internazionali. A pagarne il prezzo – oltre ovviamente agli stessi allevatori – saranno, con ogni probabilità, i consumatori finali, che a loro volta potrebbero rispondere a questo ennesimo rincaro al carrello della spesa diminuendo ulteriormente i consumi, innescando di fatto una sorta di cortocircuito che rischia di lasciare la filiera in questione in ginocchio.
“Ciò che l’anno scorso per alimentare i nostri animali pagavamo meno di 30 euro, quest’anno lo stiamo pagando più di 60 euro al quintale” spiega il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, che alla luce dei rincari sopracitati e dalle difficoltà determinate dall’imperversare della siccità (soprattutto ad alta quota) si rivolge al Governo per chiedere “una forte politica in grado di dare stabilità al settore dell’agroalimentare”. Si tratta, in altre parole, di una situazione che chiama con urgenza a una riflessione comune con tutti gli attori coinvolti: dalla filiera produttiva alle sopracitate autorità governative, che dovranno operarsi per fornire al settore la stabilità che necessita e allo stesso tempo prevenire una flessione della propensione al consumo.
“Se noi non facciamo misure in grado di diminuire quello che è il costo di produzione, e oggi il costo dell’energia è quello principale in tutta la filiera, è evidente che i consumatori saranno chiamati a spendere molto” ha spiegato ancora Giansanti. “Dobbiamo evitarlo. Quindi da una parte considerare tutta la filiera come se fosse energivora e quindi dare un abbattimento delle tariffe a tutto il sistema agroindustriale e dall’altra cercando di costruire sempre più delle relazioni molto forti all’interno della filiera per rafforzare la capacità produttiva del Paese”.