Non esistono allevamenti naturali o sostenibili che non passino attraverso la strada del biologico. Questo, in poche parole, è il sunto di quanto illustrato durante la 34/a edizione del Salone Internazionale del Biologico e del Naturale (Sana) da Cambia la Terra, progetto messo a punto da FederBio insieme con Isde, Legambiente, Lipu, Slow Food e WWF; che ha sottolineato come, di fatto, l’80% del totale complessivo delle emissioni di gas serra riconducibili alla produzione agricola provenga proprio dalle attività di allevamento animale. In altre parole – giusto per evidenziare un qualcosa che, a onor del vero, si sapeva già da tempo -, le stalle e la loro gestione dei reflui sono responsabili del 15,1% del particolato PM 2,5, e pertanto inquinano più del circolo di automobili e motocicli (9%) o dell’industria (11,1%).
Secondo quanto sostenuto dal progetto in questione, tuttavia, c’è tempo e modo per salvarsi: le Strategie dell’Unione europea “Farm to Fork” e “Biodiversità 2030”, fissando al 2030 la riduzione del 50% dell’uso dei pesticidi e degli antibiotici e del 20% dei fertilizzanti chimici e indicando un target del 25% del totale della superficie agricola utilizzata per i campi biologici, rappresentano di fatto una svolta della politica agricola verso una strada più sicura e sostenibile.
“Un processo che deve esser supportato attraverso i fondi del Psn, Piano strategico nazionale” ha commentato a tal proposito Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio. “È fondamentale che le Regioni confermino gli stessi stanziamenti del periodo 2014-2022, oltre all’incremento necessario per il rispetto dell’accordo raggiunto in Conferenza Stato Regioni relativo ai 90 milioni di euro all’anno destinati al settore del bio. Un settore che, come dimostra la diffusione sempre più capillare dei distretti biologici, ha un ruolo strategico nello sviluppo dell’agricoltura italiana e della transizione ecologica”.