La guerra fra Russia e Ucraina sta impattando negativamente anche sugli allevamenti italiani. Pare, infatti, che sia stato necessario ridurre del 10% le razioni per gli animali d’allevamento come mucche, maiali e polli.
A dare l’allarme è la Coldiretti: i costi dei mangimi sono andati alle stelle anche a causa del blocco delle esportazioni del mais da parte dell’Ucraina e dell’Ungheria.
Per questo motivo le fattorie italiane si trovano a lavorare in perdita per poter continuare a nutrire gli animali. Tuttavia la carenza di materie prime per i mangimi, in primis il mais, ha fatto sì che si dovessero razionare non solo i prodotti nei supermercati (Unicoop Firenze, per esempio, ha deciso di limitare gli acquisti pro capite di olio di semi di girasole, farina e zucchero), ma anche le razioni per gli animali d’allevamento.
Questo vuol dire, però, provocare una reazione a catena: riducendo le razioni, diminuiscono anche la produzione di latte, carne e uova. Il problema è che l’Italia produce solamente il 51% della carne bovina, il 63% della carne di maiale (e salumi), il 49% della carne di capra e pecora e l’84% dei formaggi di cui ha bisogno.
Il fatto è che la decisione dell’Ungheria di bloccare le esportazioni di cereali, soia, mais e girasole va a impattare gravemente sull’economia europea, inclusa quella italiana. Basti pensare che Ucraina e Ungheria erano i due principali fornitori di mais dell’Italia: nel 2021 in Italia sono arrivati 1.6 miliardi di chili di mais dall’Ungheria e 0.65 miliardi di chili dall’Ucraina. E questo perché l’Italia dipende dall’estero per metà del suo fabbisogno di mais.
Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, spiega che si è appena aperta una nuova fase della crisi: dopo l’aumento dei prezzi, arriva il rischio di non riuscire a nutrire gli animali. E si parla di 8.5 milioni di maiali, 6.4 milioni di bovini, 6 milioni di pecore e centinaia di milioni di polli e tacchini.