Greenpeace lancia una nuova denuncia: se gli allevamenti intensivi producono così tanta ammoniaca da inquinare l’aria, perché continuano a essere finanziati da fondi pubblici? Greenpeace si chiede anche quanti fondi pubblici della PAC siano destinati agli allevamenti intensivi italiani.
L’associazione, che già da tempo chiede che non vengano più dati soldi pubblici agli allevamenti intensivi, spiega che l’ammoniaca viene rilasciata soprattutto dalle attività agricole e concorre a formare lo smog. Secondo i dati, in Italia gli allevamenti sono la seconda causa di formazione di particolato fine, si parla del 17%, superando così il 14% dei trasporti, il 10% del settore industriale e sono preceduti solamente dai riscaldamenti con il 37%.
Così ecco che Greenpeace ha realizzato una mappa degli stabilimenti che producono più ammoniaca. Partendo dal Registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (E-PRTR), cioè quello che elenca anche gli allevamenti che dichiarano emissioni di ammoniaca all’anno per un totale di più di 10 tonnellate, ecco che è saltato fiori 894 allevamenti nostrani nel 2020 hanno comunicato al suddetto Registro le loro emissioni di ammoniaca (corrispondono a 722 aziende).
Alcuni di questi allevamenti fanno capo a nomi di gruppi finanziari di un certo calibro, come le assicurazioni Generali, la Veronesi SpA, holding a capo di marchi come Aia e Negroni e anche aziende zootecniche come Cascone.
Secondo la mappa di Greenpeace, le regioni della pianura Padana sono quelle a più alto rischio visto che qui si trova il 90% degli allevamenti italiani che, nel 2020, hanno prodotto più ammoniaca. La regione in testa alla classifica è la Lombardia, con più della metà dei suddetti allevamenti, seguita da Emilia-Romagna e Veneto.
A questo punto Greenpeace ha incrociato i dati del Registro europeo con gli elenchi dei beneficiari dei fondi della PAC: a sorpresa è saltato fuori che 9 aziende su 10 presenti nel Registro hanno ottenuto finanziamenti pubblici per un totale di 32 milioni di euro.
Greenpeace ha anche sottolineato che, con la normativa attuale, tramite questo Registro si possono tenere sotto controllo solamente le emissioni degli stabilimenti più grandi, quelli che hanno più di 40mila polli, 2mila maiali o 750 scrofe. Sono esclusi da tali controlli, però, gli allevamenti di bovini, nonostante siano grandi produttori di ammoniaca e metano. Inoltre rimangono anche fuori le aziende che sono al di sotto della soglia minima dell’obbligo di comunicazione.
Greenpeace si chiede come sia possibile ridurre la produzione di ammoniaca e polveri fini se poi, contemporaneamente, si continuano a finanziare con soldi pubblici i modelli di allevamento più inquinanti.