“Nocivi per la salute”: questa la scritta che campeggia sui manifesti che, negli ultimi tempi, hanno invaso le stazioni della metro di Milano. Parole lapidarie, semplici, in grassetto su sfondo bianco – un po’ come gli avvertimenti che siamo ben abituati a vedere sui pacchetti delle sigarette, per intenderci. Al posto di immagini che mostrano i danni causati dal fumo, però, ci sono maiali sofferenti, limitati dalle sbarre di una gabbia. Ecco che il messaggio, arricchito del suo contesto, diventa dunque chiaro, addirittura inequivocabile: una denuncia verso gli allevamenti intensivi. Ma chi è l’artefice di tutto questo?
Allevamenti intensivi: da dove arrivano i manifesti apparsi a Milano?
Si tratta di fatto di una provocatoria campagna lanciata dalla associazione animalista CIWF Italia che si pone come obiettivo, come certamente avrete avuto modo di intuire, il sensibilizzare l’opinione pubblica sull’impatto effettivo – sugli animali, sul pianeta e anche sulle stesse persone – di queste attività.
Nulla di nuovo sul fronte occidentale, diranno i nostri lettori più informati sull’argomento: gli allevamenti intensivi sono da tempo stati individuati come una delle maggiori fonti di inquinamento a livello globale, superando perfino il settore dei trasporti, tanto che diversi Paesi – come l’Olanda o la Nuova Zelanda – si sono già attivati per ridurre le emissioni con tasse o misure analoghe.
È poi importante, al di là del discorso climatico, notare che negli allevamenti intensivi viene somministrata una massiccia quantità di antibiotici al fine di prevenire l’insorgere di malattie la cui diffusione, come potrete immaginare, è favorita dalle condizioni di sovraffollamento in cui versano le strutture di questo tipo. Tutto questo, però, finisce per contribuire alla diffusione della cosiddetta resistenza agli antibiotici che potrebbe portare al proliferare di colonie di pericolosi batteri immuni.
“Troppe persone sono ancora all’oscuro dei veri costi dell’allevamento intensivo, vittime dell’informazione fuorviante dell’industria zootecnica, secondo cui questo sistema d’allevamento sarebbe necessario a nutrire la crescente popolazione mondiale e persino sostenibile” ha commentato Annamaria Pisapia, direttrice di CIWF Italia. “La verità è ben diversa: l’allevamento intensivo, che è la principale causa di sofferenza animale al mondo, consuma e inquina le risorse del pianeta e spiana la strada a virus pericolosi anche per le persone – l’epidemia di influenza aviaria in corso, con la terribile notizia della morte di una bambina in Cambogia, è un esempio lampante”.
Pisapia ci tiene a sottolineare che la campagna milanese non è affatto “sensazionalistica: le e foto di queste scrofe in gabbia non sono create ad arte, e non sono rappresentazioni di una rara ‘mela marcia’ ma di un metodo di allevamento predominante, diffuso e radicato in tutto il mondo, Italia inclusa”. I dati, d’altronde, non mentono: solamente in Lombardia si allevano oltre 4 milioni di suini e più di un milione e 500 mila bovini, quasi tutti intensivamente; e in questa stessa Regione sono stati rilevati i più alti livelli di polveri sottili di tutta Europa.