I ristoranti non trovano più personale per colpa del reddito di cittadinanza? La crisi del personale che ormai da qualche tempo attanaglia il settore della ristorazione ha in realtà radici profonde, che di fatto affondano esattamente dove, di fatto, i futuri cuochi e professionisti di sala dovrebbero essere fermati – le scuole alberghiere. Stando al Rapporto 2022 dell’Osservatorio Ristorazione, diffuso in occasione del Forum della Ristorazione in corso a Padova, negli ultimi sette anni le iscrizioni presso gli istituti di questo tipo sono di fatto calate del 47%, con il 2014/2015 che si distingue come anno scolastico con il maggior numero di iscritti- appena 64.296 nuovi studenti – e il 2021/2022 che ha visto un crollo per un totale di appena 34 mila iscritti.
La lettura redatta dall’Osservatorio tenta di spiegare questa fuga dalle aule (che inevitabilmente si traduce in una fuga dalle cucine e così via) come frutto di una complessa concomitanza di cause: un ruolo determinante pare sia giocato dalla disillusione alimentata dai racconti dei media e da membri della stessa categoria, o dalla nascita di “nuove professioni in grado di ottenere risultati migliori in meno tempo”. L’Osservatorio, nella sua analisi, sottolinea anche quello che, con ogni probabilità, è il proverbiale nodo della matassa: “condizioni lavorative alienanti e ritmi faticosi”, con gli stessi esponenti del settore che mascherano pratiche tendenzialmente schiavistiche dietro l’illusorio vessillo del sacrificio (vero, Alessandro Borghese?) e paghe in pacchetti di patatine e gelati.
“Questo clima di sfiducia e diffidenza va combattuto facendo sistema e ripensando il settore per attirare e, soprattutto, trattenere i più giovani” ha commentato a tal proposito Lorenzo Ferrari, presidente dell’Osservatorio Ristorazione “aprendo a figure professionali più consone alle competenze e alle aspirazioni dei nativi digitali e ridisegnando orari e modalità di lavoro. Lo stesso contratto nazionale andrebbe rivisto per stimolare l’appeal del mondo ristorativo”.