Il valore complessivo dei beni della filiera agroalimentare che si fregiano in maniera illecita del marchio Made in Italy è salito a ben 120 miliardi di euro: una crescita che, stando alla lettura proposta dalla Coldiretti, è in parte dovuta anche all’imperversare della guerra in Ucraina, che di fatto ha frenato bruscamente gli scambi commerciali favorendo la proliferazione di alimenti taroccati tanto che – di nuovo, stando alle stime dell’associazione agricola – oltre due prodotti agroalimentari su tre sono falsi, senza alcun legame con lo Stivale.
Una tendenza, quella a copiare il “vicino”, che non dovrebbe sorprendere, specialmente quando consideriamo che il Made in Italy ha recentemente messo a segno un nuovo record delle esportazioni complessive. Nello specifico, la classifica dei prodotti più imitati è guidata da Parmigiano Reggiano e Grana Padano, tanto che la produzione delle copie ha superato quella degli originali, seguiti poi dal Prosciutto di Parma e San Daniele, mortadella Bologna, extravergine di oliva e conserve come il pomodoro San Marzano. Tra i maggiori taroccatori, invece, spiccano soprattutto i Paesi più ricchi: s’impongono in questo contesto gli Stati Uniti, dove il valore del cosiddetto italian sounding ha raggiunto i 40 miliardi di euro; e la Russia, dove la tendenza a copiare il Bel Paese è stata alimentata dalle sanzioni per l’occupazione dell’Ucraina, che di fatto hanno portato all’embargo sui prodotti agroalimentari occidentali.
“Il contributo della produzione agroalimentare Made in Italy a denominazione di origine alle esportazioni e alla crescita del Paese potrebbe essere nettamente superiore coj un chiaro stop alla contraffazione alimentare internazionale” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini. “Ponendo un freno al dilagare dell’agropirateria a tavola si potrebbero creare ben 300mila posti di lavoro in Italia”.