A causa della mazzata dovuta al caro bollette quasi un agricoltore italiano su tre (il 30%, a essere precisi) si vede costretto a dover ridurre la sua produzione di cibo, nella speranza di riuscire a rientrare nei costi: è quanto emerge da un’analisi di Coldiretti diffusa in occasione delle proteste in piazza degli ultimi giorni, che hanno coinvolto l’intero settore dell’agricoltura.
Il taglio alla produzione, a lungo termine, rappresenta un rischio che potrebbe ledere alla sovranità alimentare del Paese, aumentando la dipendenza dall’estero per gli approvvigionamenti agroalimentari. Stando ai dati redatti da Coldiretti, l’Italia è già obbligata a importare il 64% del grano per il pane e il 44% di quello necessario per la pasta, ma anche il 16% del latte consumato e il 49% della carne bovina; e la situazione rischia di peggiorare nel futuro prossimo. Si calcola che, in media, per ogni euro speso dai consumatori finali della filiera alimentare, gli agricoltori possano intascare appena 15 centesimi, che scendono a 6 se si considerano i soli prodotti trasformati.
La lunga lista dei rincari a materie prime, costi per i trasporti e i mangimi, il più recente caro bollette e la crisi legata alla siccità, fa sì che produrre cereali come il grano costi in media 400 euro in più per ogni ettaro. A tal proposito, la linea proposta da Coldiretti è quella di “un deciso intervento per contenere la bolletta energetica nelle campagne e garantire continuità della produzione agricola ed alimentare”, destinando il maggior gettito di IVA che arriva dall’aumento dei prezzi al consumo nel carrello della spesa al sostegno delle imprese agricole.