Si sente tanto parlare degli stranieri, ma non così spesso all’interno di discorsi in cui compaiono parole come “occupazione” e “agricoltura”. Eppure secondo quanto afferma la Coldiretti nel commentare i dati sul mercato del lavoro divulgati dall’Istat relativi al secondo trimestre 2020, abbiamo perso 8 mila posti di lavoro nei campi.
I braccianti non sono arrivati a causa della pandemia e questo ha intaccato le posizioni lavorative dell’agricoltura nostrana.
Nonostante il lockdown, nelle campagne il lavoro non si è mai fermato ma – sottolinea la Coldiretti – e a pesare sui raccolti è stato proprio il mancato arrivo di braccianti dall’estero, che ogni anno attraversano il confine anche per un lavoro stagionale, per poi tornare nel proprio Paese. Sono stati bloccati dalle frontiere molti dei 370mila lavoratori stranieri dai quali dipende quasi ¼ dei raccolti Made in Italy.
Questa mancanza non è stata sopperita però per favorire l’accesso al lavoro da parte degli italiani, attraverso per esempio l’introduzione di voucher semplificati per consentire anche a percettori di ammortizzatori sociali, studenti e pensionati italiani lo svolgimento dei lavori nelle campagne, in un momento in cui tanti lavoratori sono in cassa integrazione e le fasce più deboli della popolazione sono in difficoltà. No, abbiamo perso 8 mila posizioni lavorative e basta, con un crollo record del 7% delle ore lavorate in agricoltura, a fronte dell’esigenza di far partire al più presto le campagne di raccolta della frutta autunnale e la vendemmia.
“L’Italia non può permettersi di perdere le grandi opportunità di lavoro che vengono da uno dei settori più dinamici dell’economia” – afferma il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, nel sottolineare che – “bisogna ripensare a uno strumento per il settore agile e flessibile che tagli la burocrazia e risponda soprattutto a un criterio di tempestiva e disponibilità all’impiego, mentre dall’altra generi opportunità di integrazione al reddito, considerato il periodo di crisi”