L’imperversare della pandemia ha anche influenzato il mercato fondiario, riducendo notevolmente le attività di compravendita in occasione della prima ondata. Gli effetti sul fronte delle quotazioni dei terreni da dedicare all’agricoltura, invece, non hanno subito particolari cambiamenti: nel 2020 il prezzo è calato solamente dello 0,1% rispetto al 2019, ma nelle regioni del Nord Est rimane tuttavia altissimo, con una media di oltre 44 mila euro per ettaro.
E tutto questo nonostante una recente flessione dello 0,8%, registrata dal Crea con l’auto del Consiglio dell’ordine dei dottori agronomi e forestali. Si tratta di più del doppio della media nazionale, che si aggira sui 20.700 euro a ettaro, e quasi otto volte tanto il valore delle aree montane interne alle isole, dove il prezzo è di circa 6 mila euro. Chiaro, il paragone con quest’ultime è un po’ sbagliato: il Nord Est è forse l’unica area del Paese dove si è investito con grande continuità negli ultimi 15 anni, e per vedere i risultati basta pensare a produzioni come quella del Prosecco o del Pinot Grigio delle Venezie, o più storicamente al prestigio della Valpolicella con l’Amarone.
Da segnalare anche contrazioni in Toscana, Molise e Campagna, dove ha inciso particolarmente il rallentamento delle attività di compravendita. Dando invece un’occhiata alle produzioni, le più colpite (in questo caso dalla mancanza di liquidità) sono la floricoltura, la viticoltura e gli agriturismi, con gli operatori in difficoltà che si sono visti costretti a vendere.